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Il referendum sul lavoro crea solo instabilità

Andato in frantumi il Renzismo ecco immancabilmente l’accetta che si abbatte sull’albero che cade. Il Referendum promosso dalla Cgil e che vedrà la Corte Costituzionale nei prossimi giorni pronunciarsi sulla sua ammissibilità, rischia di essere una mannaia che taglia indifferentemente il buono, il mediocre ed il cattivo. Sta avvenendo ciò che accade ormai da diverso tempo sulle materie del lavoro. Arriva un Governo e cambia le norme dei vecchi governanti, nella illusione di ottenere nuovi posti di lavoro senza occuparsi dei fondamentali dell’economia. Poi al successivo cambio di fase politica, le norme sono di nuovo in via di disfacimento. Il risultato che ne deriva, con una volubilità così spinta, non può che essere negativo per le imprese, impossibilitate a programmare alcunché a ragione di una instabilità regolatoria così cangiante.

Quindi un terreno arroventato da una politica restia ad occuparsi degli aggrovigliati nodi della economia e che ha preferito dare la sensazione di padroneggiare le leve dell’occupazione facendo e disfacendo le norme del mercato del lavoro. Il referendum promosso dalla Cgil si muove nella stessa logica della politica. Ideologizza lo scontro e si pone alla testa, in questa nuova fase politica, di coloro che si apprestano a fare la operazione di ennesima modificazione del quadro legislativo. Ed invece il Sindacato più che promuovere Referendum dovrebbe negoziare con le imprese.

Importanti rappresentanti della impresa hanno affermato che sarebbero d’accordo a modificare il funzionamento dei voucher restringendo l’ambito di applicazione settoriale – ad esempio vietandolo in edilizia – dedicandolo essenzialmente ai servizi e con limiti temporali più stretti e verificabili. È una tesi assai condivisibile che potrebbe essere alla base per una revisione positiva dei voucher. Questo strumento è molto utile per venire incontro a persone che vogliono in qualche giorno della settimana impegnare la propria disponibilità per lavori brevi che si conciliano con lo studio, con le esigenze familiari, ed altre attività concorrenti. Abolirle favorirebbe il lavoro nero in quanto le imprese potrebbero ricorrervi in assenza di soluzioni pratiche come sono i voucher.

Anche il ritorno all’obbligo delle ditte appaltatrici di rispondere in solido rispetto alle trasgressioni degli obblighi contrattuali e contributivi sociali dei propri subappaltatori nei confronti dei lavoratori potrebbero essere nuovamente normati dai Contratti Nazionali di Settore come erano prima che il legislatore intervenisse. In quanto all’articolo 18, la trovata dal Governo Monti risulta valida sia per i lavoratori che per l’impresa; basta vedere il numero dei casi residuali dei contenziosi a livello nazionale. Si spera allora che ci sia avvedutezza da parte di tutti i soggetti, istituzionali e sociali per evitare un ulteriore snervante e deviante referendum.

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