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“Il problema catalano”

Con una parola intraducibile, che al solo suono evoca la dimensione di conflittualità, il filosofo José Ortega y Gasset descriveva nel secolo scorso le difficili relazioni tra Spagna e Catalogna: conllevanza. Con questo termine Ortega sintetizzava tutto “il problema catalano”, ossia la continua ricerca di compromessi sempre provvisori che risultano tollerabili per tutti senza mai accontentare veramente nessuno. In vista del referendum per l’indipendenza della Catalogna del prossimo 1 ottobre – giudicato incostituzionale dal governo di Madrid – la crisi politica tra i due soggetti va aggravandosi sempre di più e pare destinata a lasciare in ogni caso un segno nella storia della penisola iberica e di tutta l’Europa.

Due visioni contrapposte si affrontano. Da una parte il governo spagnolo, che appunto considera illegittima la consultazione e sta provvedendo con l’uso della forza a requisire materiale elettorale sino alla recente irruzione nella sede dellaGeneralitat (il governo locale catalano). Dall’altra parte, le autorità catalane stesse, che rivendicano non la secessione di principio, bensì la piena legittimità di tenere la consultazione popolare, qualunque fosse il risultato. Come ha spiegato il ministro degli Affari Esteri catalano Raül Romeva i Rueda – presente a Roma ieri per illustrare La Catalogna presentata agli Italiani, un volume fresco di stampa curato dall’Istituto IsAG e dalla Delegazione catalana in Italia – prima ancora di essere un problema di merito, il caso catalano pone un problema di metodo che tocca il cuore stesso della politica: il senso reale della democrazia.

Ed è questo il primo aspetto da rimarcare. Si perderebbe il conto a enumerare tutti i casi in cui, nella comunità internazionale, si fa di un concetto imprecisato di “democrazia” il discrimine fra Paesi buoni e Paesi cattivi. Tutte le volte però che un voto popolare rischia seriamente di mettere in discussione l’assetto istituzionale esistente – vedi di recente la Crimea e la stessa Brexit – la retorica sullo spontaneismo della “società che lo vuole”lascia il posto a tecnicismi sulla legittimità giuridico-costituzionale della consultazione. E la democrazia presenta allora gli svantaggi di concedere a masse illetterate la facoltà di cambiare le cose.

Il secondo aspetto da evidenziare è che il referendum catalano ravviva nuovamente il tema dell’identità. L’Occidente contemporaneo, e in particolare il progetto europeo, si è costruito sull’utopia di diluire le identità culturali e di popolo in una società a-nazionale di individui-cittadini senza appartenenza comunitaria. Qualunque sarà l’esito della vicenda catalana, essa lascerà una traccia perché testimonia quanto la democrazia e l’identità nazionale e culturale siano termini complementari, che rappresentano i convitati di pietra del nostro tempo: i grandi protagonisti della vita politica e civile che ci ostiniamo a credere assenti.

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