Se mettiamo da parte le azioni della magistratura, legittime o intempestive che siano, saranno i fatti che seguiranno a dare risposte concrete, non certo i giudizi sommari dell’opinione pubblica o quelli delle opposte tifoserie. Se ci concentriamo sulla ripresa della vera attività politica, non sulla sua rappresentazione, non è difficile scorgere all’orizzonte un autunno caldo. Anzi, caldissimo. Di quelli che appassionano gli italiani.
Stavolta, però, non sarà di matrice sindacale, come avveniva in passato, ma di natura squisitamente politica. Per un’evidente necessità di copione, nel corso di questa stagione, si andranno definendo i reali ruoli dei protagonisti in campo. Insomma, dopo la prefazione avremo, finalmente, il primo vero capitolo del libro giallo verde, che maggioranza e governo stanno provando a scrivere. Scrittura complessa e articolata, come è chiaro a tutti, complicata dalle variabili impreviste e imprevedibili. In particolare il crollo del ponte di Genova ha deviato il corso degli eventi. Al netto di ciò, e con il dovuto rispetto per le vittime della tragedia annunciata, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ovvero le due facce della stessa medaglia, dovranno finalmente calare la maschera e mettere mano alle leve del governo. E se i due sono la personificazione del classico clichè da film americano, poliziotto buono e poliziotto cattivo, questo non eviterà loro il confronto con il proprio elettorato.
Se quello leghista, sufficientemente anarchico e rivoluzionario, è entrato nel loop del “tutto e subito”, avendo fiutato il momento, il popolo grillino sogna il ritorno al pragmatismo democristiano, dovendo assecondare le troppe anime, in conflitto fra loro, allocate all’interno del Movimento. Le 5 stelle del simbolo, plasticamente, sono l’immagine delle correnti, delle linee di pensiero. Destinate a trovare una loro soluzione. Da questo punto di vista Di Maio ha davanti a se la prova più difficile. L’autunno caldo, volenti o nolenti, sarà la stagione della svolta per l’attuale maggioranza di governo. Ll vice premier grillino dovrà dimostrare se è davvero il leader del Movimento e, soprattutto, sarà chiamato dar prova della sua capacità di sintesi. Di Maio dialoga da sempre con Salvini, cercando lo spartito giusto per affrancarsi dalla solita sinfonia di Beppe Grillo, ormai capace di arpeggiare solo sulle solite stanche note. Esercizio non facile, ma necessario per costruire un futuro con la Lega.
A sua volta il capo del Caroccio, seguito senza esser messo mai in discussione dalla base leghista, deve trovare il modo per sterilizzare Berlusconi, senza annientarlo definitivamente. Salvini sa bene come vanno queste cose. Con il cavaliere si gioca a centrocampo, cercare il gol partita può essere letale. Dunque sulla scena s’intravedono due leader, uno speculare all’altro, ma con scelte diverse da fare. Tecnicamente la questione non è un problema insormontabile. L’uso del tema dell’immigrazione per affrontare con l’Europa la partita dei conti si è rivelata una mossa astuta, con Salvini di punta e Di Maio in mezzo al campo. La stesura del documento economico per eccellenza, banco di prova di tutti i governi, dirà esattamente quali saranno stati i risultati di questo domino estivo.
A beneficio di chi mastica di agende e scadenze ricordiamo come i prossimi 9 mesi saranno fondamentali per il Paese. Vari eventi potrebbero innescare attacchi speculativi e provocare una correzione di mercato – o addirittura un “bear market” o un “market crash” (cioè cadute pesanti dei lsitini). Gli ingredienti per la gestazione di una crisi ci sono tutti: decelerazione della crescita, aumento di debito e spread, fine del quantitative easing (addio all’opera di salvataggio da parte di Mario Draghi) della Banca Centrale Europea (Bce) e rischio di elezioni anticipate. Opzione, quella delle urne prima del tempo, niente affatto imprevedibile. Anche perché il voto europeo è in agenda fra nove mesi, dunque dopodomani.
Se il risultato dovesse confermare il trend leghista, Salvini come non potrebbe sfruttare l’occasione? Magari dopo aver varato un Def, cioè la presentazione della legge di Bilancio relativa al 2019, dal sapore elettorale. Modesto particolare. Su Autostrade e immigrazione si può dire tutto quello che si vuole (soprattutto con la benevolenza dei media) ma i numeri non si possono piegare alla propaganda. Le agenzie di rating valutano asetticamente e drasticamente le cifre del deficit e del debito, la loro sostenibilità insieme con la credibilità complessiva del piano messo a punto dall’esecutivo italiano. È questa la prova del nove. O il governo guidato dalla comunicazione di Rocco Casalino imbocca la strada ragionevole suggerita da Tria oppure rischia l’osso del collo.
Regge, dunque, il ragionamento di quanti sostengono che Salvini voglia tornare presto alle urne. Non si spiegherebbero diversamente le mosse kamikaze del leader leghista. Ma per quanto il Capitano imbracci tutti i pretesti per determinare la crisi, è sulla manovra finanziaria che si scopriranno le carte. Sempre che Di Maio non riesca nell’impresa di prendere il controllo del mazzo. In quel caso ci ritroveremo per raccontare un’altra storia…