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Il dovere primario di ogni Stato di adottare provvedimenti per mitigare i cambiamenti climatici

La gestione inadeguata dell’emergenza procurata dalla “Dana”, il potentissimo tsunami che ha provocato morte e distruzione nella provincia di Valencia, è ancora al centro delle proteste della popolazione. Su tutto impressiona l’inefficienza del governo locale per l’imperdonabile ritardo nel comunicare l’allerta meteo e l’incapacità di organizzare la raccolta del fango e dei detriti.

Ma a monte vi sono le cause che hanno prodotto la spaventosa alluvione. La Conferenza annuale delle Parti delle Nazioni Unite sul clima, che riunisce i capi di Stato e di Governo, in programma in questi giorni a Baku, si propone di definire un budget significativo da impiegare per contenere i rischi legati alla trasformazione del clima. Si dovrebbe passare dai cento miliardi all’anno di finanza climatica raggiunti nel 2022, ai mille miliardi da destinare ad attività di mitigazione, adattamento e decarbonizzazione. A maggior ragione dopo la devastante inondazione della costa centro – orientale della Spagna, il commissario dell’Unione europea per l’azione climatica insisterà sulla necessità di dedicare maggiori fondi all’adattamento.

L’obiettivo della Cop 29 sarà di riuscire a trovare un accordo tra i 197 Stati che hanno firmato la Convenzione Onu sui cambiamenti climatici, stipulata a Rio de Janeiro nel 1992. L’agenda dei lavori prevede il rinnovo dell’impegno sul fondo “Loss and damage” istituito nel corso della Cop 28 a Dubai, allo scopo di risarcire i Paesi che inquinano meno ma che subiscono le conseguenze peggiori derivanti dal riscaldamento globale. I governi di tutto il mondo dovrebbero adottare strumenti sempre più ambiziosi per limitare l’aumento della temperatura; la scienza del clima avverte che ogni decimo di grado in più di riscaldamento a livello globale può produrre episodi naturali potenzialmente distruggenti. Secondo il servizio meteorologico britannico, il 2024 è stato il primo anno solare in cui le temperature medie hanno superato la soglia di 1,5°C dall’era preindustriale, limite fissato dagli accordi di Parigi. Il ritiro dal negoziato da parte degli Stati Uniti, annunciato da Trump, siglerebbe una ulteriore battuta d’arresto della governance climatica globale.

Se sul versante politico si registra una preoccupante indifferenza da parte dei leader dei paesi ricchi che diserteranno l’incontro di Baku, sul fronte giudiziario, per la prima volta la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito l’obbligo dei governi nazionali di salvaguardare i propri cittadini dai gravi danni prodotti dalla crisi climatica. Si tratta di un precedente capace di imprimere una svolta epocale sul futuro delle controversie riguardanti i provvedimenti nazionali di contrasto alle emergenze climatiche.

Il 9 aprile 2024 la Corte Edu si è pronunciata su tre ricorsi sollevati da gruppi di persone colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. Anziani, giovani e popolazioni indigene hanno adito i giudici per chiedere l’inquadramento dei danni cagionati dal cambiamento climatico all’interno della violazione dei diritti umani. La Cedu ha accolto la domanda di giustizia dell’associazione KlimaSeniorinnen Schwiez contro lo Stato elvetico. Il gruppo di donne anziane contestava alla Svizzera un comportamento omissivo per non aver adottato misure incisive sulla riduzione delle emissioni climalteranti. Sebbene, la Convenzione Edu non contenga disposizioni specifiche a tutela del diritto all’ambiente salubre, i giudici europei hanno ritenuto applicabili gli artt. 2 e 8 della Convenzione. Facendo prevalere l’interpretazione evolutiva per cui il diritto alla vita e il rispetto della vita privata e familiare ricomprendono la pretesa al benessere e alla salute.

Della Convenzione, infatti, va data una lettura flessibile per garantire una protezione pratica ed effettiva dei diritti fondamentali contro le minacce climatiche. Tali diritti sono fortemente posti in pericolo dalle alte temperature, da bombe d’acqua, da eventi metereologici estremi che impediscono alle persone di uscire di casa, creando minacce per la vita e determinando una maggiore vulnerabilità, soprattutto nella popolazione più fragile, come gli anziani. La condanna della Svizzera per non aver raggiunto livelli adeguati a favore del clima potrebbe rappresentare un deterrente per suggerire agli Stati di adempiere il dovere primario di adottare provvedimenti idonei a mitigare gli effetti negativi provocati dalle crisi climatiche.

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