In questi giorni sono molti i commenti su ciò che sta accadendo intorno a noi e il nostro vissuto si colora di toni diversi che vanno dal grigio chiaro al nero. Quali le sensazioni più diffuse e più espresse da tanti di noi? Principalmente sentiamo che la nostra vita sia condotta da altri, che il nostro camminare avanti, il nostro vivere quotidiano sia impedito, trattenuto da qualcosa o da qualcuno. Questa paralisi esistenziale che abita dentro di noi è il risultato di uno stillicidio mediatico e quindi sociale che ha come scopo la negazione o la fine di ogni diritto umano, tanto da creare nel pensiero di molte persone un sentimento di frustrazione, un decadimento valoriale perché ormai stiamo toccando il fondo creando un vissuto di totale smarrimento.
Afferma il prof. Cantelmi, psichiatra, in un suo recente articolo: “Il treno impazzito, il camion assassino, il golpe sanguinario (etc. ndr) si è chiusa una settimana shock. E dopo ogni tragedia, una più sorprendentemente mostruosa dell’altra, il solito circuito: sgomento, incredulità, sovraffollamento di immagini, ricostruzioni e un vociare di dolore, commenti, previsioni, accuse e interviste. Poi cala il sipario. E si fa strada una domanda inquietante: cosa accadrà domani? quando succederà di nuovo? dove? in che modo? Siamo entrati cioè nel tunnel del pensiero catastrofista. Benvenuti quindi nell’era della paura.”
L’aver consegnato il nostro mondo a chi ha un progetto ben costruito e definito, dove non saranno più contemplati i diritti umani almeno così come il 10 dicembre del 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, deve farci riflettere. Riporto alcune parti della Carta che ci inquadreranno con estrema evidenza il valore di certi enunciati e quindi quello che stiamo perdendo e perché tanta sofferenza intorno. Gia’ nel preambolo viene considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo…
Articolo 3 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Articolo 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Articolo 5 Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti…
Nulla da eccepire sulla carta dei diritti, ma tutto viviamo, tranne che la sua osservanza. Come richiamare il diritto alla vita se esco di casa e non sono più tanto sicura di rientrarvi? Di quale sicurezza parliamo se per le strade della mia città l’esercito, con auto blindate, fa da paesaggio al Colosseo o alla Basilica di San Pietro? La schiavitù è proibita sotto qualsiasi forma, ma in schiavitù, contrario della libertà, ci siamo e come, se quando andiamo ad un concerto, al bar, ad un ristorante oggi siamo schiavi di un pensiero: “Se fanno un attentato…?”.
Eccolo il tunnel del pensiero catastrofista che ci rende schiavi e non più liberi. Afferma ancora Cantelmi: “Abbiamo paura perché stiamo costruendo una Europa depressa, che lotta per l’eutanasia e il suicidio, come fossero diritti, e non abbiamo più la forza e la voglia di lottare per la vita. Abbiamo paura perché ci siamo illusi che la felicità coincida con l’illimitatezza dei desideri. Abbiamo paura perché alla solidarietà e alla stretta di mano preferiamo squallide chat più o meno erotiche e l’incontro occasionale e non sappiamo più assumerci la responsabilità dell’altro. Abbiamo paura perché stiamo crescendo una generazione di ragazzini e giovani mai così devastata dall’alcol e dalla droga, come narrano gli ultimi rapporti Ocse, e guardiamo smarriti allo specchio la nostra fragilità di adulti, invocando leggi per miracolose liberalizzazioni come risposta al dilagare dell’euforia chimica.”
In tutto questo siamo di fronte ad una generazione che deve adattare il proprio stile di vita, rispetto al pericolo emergente di una guerra strana dove il nemico ,per esempio l’Isis, ha vari volti:come un esercito che invade territori, che organizza guerriglie tramite attentati disseminati in tutto il mondo, che filma esecuzioni crudeli inviate ovunque da internet in tempo reale, che arruola personalità borderline e disturbate del mondo occidentale affinchè arrivino a suicidarsi uccidendo più gente possibile (De Masi).
L’incertezza, il pericolo ha un nuovo volto, un nuovo nome: terrorismo. Ma come uscire da questo tunnel catastrofico della paura, che ha come primo risultato quello di non poter vivere e difendere i nostri diritti?
Quando si percepisce un pericolo tutto il nostro corpo è in grado di potersi difendere mettendo in atto azioni di attacco e fuga sia a livello chimico che comportamentale. Vere e proprie risposte fisiologiche che ci preparano agli sforzi necessari a combattere o scappare. Quindi di difenderci in qualche modo.
Nel nostro caso possiamo e dobbiamo reagire a cominciare dal riconsiderare il problema “paura di attentati”, come una possibilità che ci viene offerta in quanto umanità, per ricostruire nuove relazioni positive a cominciare dalle persone che ci vivono accanto, azioni di condivisione e fratellanza, a sostegno della bellezza della vita.
Altra cosa è quella di ascoltare le notizie dal mondo senza farsi catturare troppo tempo, magari ascoltando particolari su particolari. Oggi i media usano “caricare” emotivamente il nostro pensiero costruendo servizi che in nome della notizia sono estremamente precisi nelle immagini e nelle descrizioni. Fin troppo! In tutto questo anche la nostra chimica viene continuamente attivata come risposta “attacco fuga” a stimoli che nella realtà stiamo solo guardando ma non vivendo, causando al fisico inutili attività che alla lunga recheranno al pensiero, come difesa, un totale immobilismo.
Dunque riprendiamoci la vera vita da coloro che ogni giorno vogliono attentarla evitando di cadere nel tranello della paura, quella che ci blocca, che vuole allontanarci dalla bella e santa quotidianità.
E’ un tempo difficile ma rimanere spenti, inermi, impauriti, non farà che rendere più forti coloro che hanno progettato la morte di una cultura, cosiddetta occidentale, dove il diritto alla vita appartiene all’intera umanità. Nessuno escluso.
Vorrei terminare con le parole dell’arcivescovo Lebrun ai giovani della GMG 2016: “Lascio qui centinaia di giovani che sono l’avvenire dell’umanità, quella vera. Domando loro di non arrendersi alle violenze e di diventare apostoli della civiltà dell’amore.”