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Il Decreto Rilancio c’è, ora servono le risposte

Il governo ha varato il decreto “Rilancio” e si tira un sospiro di sollievo. La trattativa tra i partiti è stata tribolata, fortemente conflittuale, ha richiesto giorni e giorni di discussioni talvolta incomprensibili e ha ritardato l’arrivo di un provvedimento che nelle intenzioni avrebbe dovuto vedere la luce già dopo Pasqua, tant’è che si chiamava “aprile”. Ma questo è. Adesso si tratta di capire se questa manovra monstre da 55 miliardi – 110 mila miliardi di vecchie lire, più di una legge finanziaria – riuscirà davvero a contenere i danni della crisi economica provocata dal Coronavirus delle cui dimensioni molti di noi non si sono ancora accorti: è come un gigantesco nuvolone nero che è sopra le teste di tutti anche se ancora non piove. Quando la tempesta arriverà in tutta la sua virulenza, dovrà trovare una qualche forma di risposta e di reazione: a questo serve il decreto varato ieri sera dal Consiglio dei Ministri.

Più che chiedersi se basterà alle famiglie e alla imprese per continuare a stare in piedi, allora, bisogna semmai interrogarsi sulla sua efficacia immediata. Anche Conte ha ammesso che, pur con tutti gli sforzi, i precedenti provvedimenti non sono stati così rapidi da poter diffondere nel Paese una qualche rassicurazione. In lungo e in largo per la Penisola ci sono intere categorie di lavoratori e di famiglie in mezzo alla strada che lamentano di non aver visto un solo euro di quelli, ed erano già tanti, promessi sulla carta da Palazzo Chigi e da via XX settembre. Il presidente del Consiglio ha promesso che si riparerà agli errori fatti, ai meccanismi esageratamente burocratici e barocchi, alle tante scartoffie che devono prodursi se si vuole accedere a un finanziamento in banca.

Speriamo che sia così. Perché il rischio che gli aiuti arrivino quando le saracinesche sono ormai definitivamente abbassate, le partite IVA chiuse, i dipendenti a casa, c’è. E siccome il virus ha fatto un danno enorme paralizzando il Paese per due mesi (e non siamo certo ancora ripartiti del tutto) ci sono tanti cittadini che hanno ormai il problema di mangiare, di fare la spesa, di pagare le bollette o l’affitto. Lo dimostra l’aumento del numero delle persone che si rivolgono alla associazioni caritatevoli. A queste persone serve una risposta rapidissima perché si mangia tutti i giorni, e se non ho i soldi per comprare il pane, domani è già tardi. Il Governo assicura di aver sentito questo “grido di allarme”: c’è da augurarselo, anche nel suo interesse. Nessuna coalizione politica reggerebbe ad una spinta sociale di proporzioni esageratamente vaste. E tutto possiamo augurarci in questo momento tranne che una crisi politica: saremmo oltretutto l’unico paese al mondo che si consente un tale lusso in mezzo ad una pandemia.

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