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Il canguro degli altri

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Povera bestia, il canguro. Stavolta ha fatto proprio una brutta fine. Peggio che in Australia, dove per il sovraffollamento dei marsupiali a ridosso delle aree urbane ne è consentita la caccia. Da noi il canguro è morto a fuoco lento, sulla graticola del Senato. O meglio, sulla stepchild adoption, che se avessero avuto il coraggio di parlare italiano, sarebbe l’adozione del figlio del partner. Che a sua volta tiene sulla graticola l’intera maggioranza di governo.

Alla base c’è un problema tutto nostro: negli ultimi anni le leggi più importanti non vengono più discusse in Parlamento, come previsto dalla Costituzione, ma vengono votate a colpi di fiducia: senatori e deputati possono solo prendere o lasciare. E di solito prendono.

Questa volta sul disegno di legge sulle unioni civili non è stata posta la fiducia: soltanto perché le forze di governo sono completamente spaccate sui diritti delle coppie omosessuali. Ma si è tentato comunque un trucco parlamentare che ne ricalca gli effetti. Appunto, il cosiddetto canguro: un emendamento mostruoso che serve a saltare tutte le proposte di modifica della legge in discussione e passare direttamente all’approvazione. Secondo diversi giuristi è contro la democrazia, oltre che contro la Costituzione. Eppure, negli ultimi tempi ha preso parecchio piede, anche per fronteggiare soggetti come Calderoli che si vantano di bloccare i lavori parlamentari con milioni di emendamenti prodotti al computer. Con il canguro, quindi con uno schiaffo alla democrazia, sono passate riforme costituzionali come quella del Senato o comunque fondamentali, come quella del sistema elettorale, l’Italicum. Due leggi, guarda caso, che diminuiscono il potere di voto degli elettori.

Stavolta per far passare il salto a piedi pari del confronto parlamentare non bastavano i voti di tutti i senatori che hanno cambiato casacca. Il PD sperava nei 5 Stelle, favorevoli una volta tanto ad una legge voluta da Renzi. Ma gli ex grillini (ormai Grillo è uscito dal simbolo) a votare un canguro dopo averne subiti tanti non ci sono proprio riusciti. Quindi: sì alla legge, no al canguro.

Lo scenario che si apre è uno spettacolo che non vedevamo da tempo: un dibattito parlamentare vero. Su grandi temi etici poi, come negli anni 70 per il divorzio e l’aborto. Non è la fine del mondo, anzi. Finalmente vedremo quanti sono veramente favorevoli alle unioni civili nel PD e nella maggioranza e quanti no. Perchè su una questione così importante, sulla quale siamo ultimi in Europa, a prescindere da come la si pensi, non è onesto fare i pesci in barile.

Non ci vorrà nenache tanto. Per votare i temutissimi 500 emendamenti non serve più di una settimana di lavoro. O meglio, sei giorni lavorativi, che però per i parlamentari italiani abituati a lavorare dal martedì al giovedì, corrispondono a due settimane.
Certo, se al Senato potesse arrivare l’esercito dei cinesi delle primarie, il problema non si porrebbe e alla bouvette starebbero già mangiando riso alla cantonese e ravioli al vapore da un pezzo. E invece, si mangerà canguro arrosto, almeno per un po’.

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