Se la grammatica della politica è ancora quella che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni, ammesso non vi siano stati recenti aggiornamenti in salsa giallo verde, il vertice di maggioranza, di questa maggioranza, altro non è stato che una resa dei conti. Un’occasione per tirare una riga su temi come decreti salva banche e immigrazione, provvedimenti sulla sicurezza e grandi opere, conti dello Stato e promesse elettorali azzoppate. Tipo Flat tax, quota 100 e reddito di cittadinanza. Perché i fronti sul quale stanno operando gli sherpa di ambo gli azionisti della maggioranza che regge il governo guidato dal premier Conte, sono tanti e tutti molto estesi. A tratti sfrangiati nei loro perimetri. Come se quel contratto firmato mesi fa fosse già un convitato di pietra, anzi, una statua di sale.
Le contraddizioni evidenti fra i bisogni leghisti e i sogni grillini si sono drammaticamente incagliate sugli scogli della realtà. Che non è certo rappresentata dal cosiddetto partito dei sindaci o dal fronte barricadero dei presidenti di Regione, ma dalla evidente disaffezione di una parte dell’elettorato grillino nei confronti del Movimento, costretto a inseguire nuove parole d’ordine. Il caso del supporto ai gilet gialli francesi è solo la cartina di tornasole dell’evidente carenza di armi di distrazione di massa declinate in salsa grillesca, dovendo far scendere la tensione sul caso Carige e sul confronto-scontro sugli immigrati con Salvini. Tema, quest'ultimo, sul quale il vicepremier tiene salde le posizioni, portando sul tavolo del confronto il caso dei 49 migranti di Sea Watch e Sea Eye: un'occasione per ribadire che, sulla questione, la prima voce in capitolo resta la sua. Dunque quello andato in scena a Palazzo Chigi non è stato un vertice nel senso letterale del termine, codificato dalla grammatica della politica e storicizzato dalla liturgia di Palazzo Chigi. L’incontro è stato uno scontro ma senza un vincitore né un vinto, solo un verdetto di parità per arrivare alle elezioni europee. Questo non toglie affatto dal tavolo i guantoni.
Nei prossimi giorni il corpo a corpo sui temi caldi sarà ancora il leitmotiv della cronaca politica, dovendo i 5 Stelle e la Lega marcare il proprio territorio. In frangenti come questi non c’è cosa migliore di una tregua armata, dettata anche dalla lettura dei numeri. Secondo vari esperti i sondaggi darebbero la Lega in calo, soprattutto al Nord. Il cavallo di battaglia del Carroccio, cioè la Flat Tax, è sparita dall'agenda politica, occupata come un macigno in mezzo all'autostrada dal reddito di cittadinanza, con una spruzzata di pensioni dei dipendenti pubblici, due argomenti che al nocciolo duro leghista fanno venire l'orticaria. E questa lettura dell’umore degli elettori spiega molto la tattica da guerriglia adottata da Salvini, anche in materia di ultrà. Dicono, addirittura, che Salvini abbia pure smesso di accettare consigli dagli amici. Figuriamoci dai nemici. La sua idea resta quella di ''pescare quando l’onda è favorevole'', e incassare il prima possibile il suo consenso virtuale. Non ha torto: se il suo popolo inizia a capire che con Quota 100 si perdono parecchi soldi rispetto a un pensionamento by Fornero, se il reddito di cittadinanza (tema, assieme alle pensioni, al centro del Cdm previsto per oggi) non fa da volano per l'occupazione (anzi), se l'Istat dovesse certificare che l'Italia è entrata in una fase recessiva, beh sarebbero problemi seri. Non solo per i grillini… Ai quali, a dire, il vero sta andando tutto di traverso. Di Maio annaspa e Di Battista aspetta. Non si sa bene ancora cosa, ma attende. E questo dimostra inesorabilmente il fatto che a Palazzo Chigi non c’è stato un vertice ma una sorta di conta dei problemi sul pallottoliere. In modo da spostare una cosa di qua per metterla di là. Per andare avanti…