In questi giorni, il nostro Centro Italia sta tremando, la nostra terra si dimostra essere una nemica, un’assassina che ha ucciso nella notte, determinando uno scenario di morte ripetutosi troppe volte, fatto di cumuli di macerie che hanno troncato la vita di molti.
Quando avviene un terremoto, il sussulto della terra arriva fino al cuore, il boato che si ode intorno rimbomba dentro e percorre come un’onda tutto il tuo essere. Come avviene in natura, con lo spezzarsi della terra, anche tu avverti una lacerazione interiore, che spacca il solito equilibrio psicofisico fino a incrinare l’anima. Il vissuto che lascia una scossa potente, immediatamente dopo, per quelli che restano poi a raccontarlo, è il senso dell’umana impotenza di fronte alla natura, e il primo sentimento che sovrasta ogni altro è lo smarrimento, unito alla presa di coscienza che tutto è secondario rispetto al valore della propria vita.
Dopo un evento catastrofico, le prime immagini che vengono trasmesse dai media sono quelle dove il dolore delle persone evoca la nostra debolezza umana, troppe volte dimenticata, perché lasciata sorpassare da un delirio di onnipotenza in tempi di apparente tranquillità quotidiana.
I volti delle persone intervistate raccontano emozioni che ci riportano tutte al vero senso della nostra esistenza: vedere un sindaco commuoversi per il proprio paese distrutto, ascoltare l’esperienza di volontari completamente imbiancati dalla polvere dei detriti, dimentichi di come sono, che parlano delle persone che hanno estratto dalle macerie come se le avessero fatte “rinascere”, seguire le manovre dei vigili del fuoco mentre strappano dalla morte dei bambini alla presenza di persone che ne condividono la gioia applaudendo. Tutto ci parla di gratuità, solidarietà, verità, tutto vibra di amore autentico.
L’apparente debolezza prende allora una luce diversa, si tinge di ritorno all’essenzialità, alla forza di ciò che veramente vale, ma che l’uomo ha modificato rispondendo a logiche diverse da quelle che erano e che sono nella volontà di Dio Creatore e Padre e della natura. Di colpo, il dolore e la sofferenza lasciano il posto ad emozioni e sentimenti di riscatto che ridefiniscono l’uomo nella sua essenza e grandezza, perché creato a immagine e somiglianza di Dio.
Ma il peccato, nelle sue molteplici declinazioni, si annida anche in natura e nel complesso delle nostre interpretazioni e valutazioni dei fatti, per i quali, come credenti, non possiamo escludere motivazioni di ordine spirituale. Ci ricorda e sollecita il Santo Padre: “Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che ‘geme e soffre le doglie del parto’ (Rm 8,22)”.
Anche per certe catastrofi naturali c’è, dunque, la corresponsabilità dell’uomo. Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr. Gen 2,7). “Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora”, leggiamo nella Lettera enciclica di Papa Francesco “Laudato Si’”, al n. 2.
La scelta dunque è sempre dell’uomo, a lui è dato potere di custodire ciò che è buono e santo, a lui ritorna il saper discernere quello che gli appartiene come Dono rispetto a ciò che egli modifica per convenienze egoistiche e desideri che nulla hanno a che fare con il progetto di Dio. Ma se lasciamo agire in noi solo l’uomo “vecchio”, affaticato dai desideri mondani, il mondo non potrà che esprimere ciò che il peccato è capace di compiere: declino, distruzione e morte.
“Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta, da uomini nuovi. Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli. Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza”, dice il Santo Padre.
“Il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade, cercando di rispondere alle necessità delle generazioni attuali includendo tutti, senza compromettere le generazioni future. Si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizi”, scrive Papa Bergoglio (“Laudato Si’”, n. 53)
Allora è tempo di ricostruzione, non solo nelle nostre terre del Centro Italia. Occorre la ricostruzione del cuore di quella umanità sofferente che troppo spesso viene dimenticata, in nome di altre false priorità. Occorre che l’uomo ritorni alla radice della propria esistenza e sappia anche riconoscere nei “gemiti della terra” la sofferenza di Dio per il suo popolo di dura cervice.
Noi, credenti nella Via, Verità e Vita, abbiamo una grande forza che ci viene dall’Alto. Aiutare in questo tempo di sofferenza e devastamento significa, oltre a compiere opere di bene, intercedere con la Preghiera perché, nella nostra Italia e nel mondo intero, ritorni un tempo di serenità e pace.