Intervento

I frutti della missione a Mosca del card. Zuppi

Un solo aggettivo per definire due giorni di missione: “fruttuoso”. “Fruttuoso” è stato, scrive il Vaticano in una nota, l’incontro tra il cardinal Zuppi ed il patriarca moscovita Kirill. In linguaggio diplomatico vuol dire, più o meno, che le cose con il capo della chiesa ortodossa russa sono andate benone, oltre le attese. Meno male, perché questa trasferta era difficile, il suo risultato per nulla scontato e il fallimento avrebbe portato ad una battuta d’arresto forse definitiva. Per fortuna il pericolo è stato scongiurato.

Matteo Zuppi torna in Italia con un risultato concreto ed una speranza non infondata: ha rotto il ghiaccio con Kirill, dopo il gelo calato all’indomani dell’inizio della guerra in Ucraina, ed avviato i necessari contatti per arrivare – ci auguriamo il prima possibile – ad un rilascio dei bambini rapiti dalle forze russe di occupazione. Ha dovuto stringere una mano femminile probabilmente colpevole, ma in diplomazia uno gli interlocutori non se li può certo scegliere. Era, in fondo, quello che gli aveva chiesto di fare lo stesso Zelensky, quindi nessuno se ne adonti, tanto più che si inizia con un obiettivo centrale ma secondario nel più ampio ambito della guerra, quello dei minori, e poi si può passare ad altro. Mai legare le mani alla Divina Provvidenza; anche l’Ostpolitik di Casaroli si basava su una scommessa apparentemente azzardata e su incontri che facevano storcere la bocca a molti.

Si inizia a parlare, insomma, immaginando che il problema dei bambini renda necessario affrontare anche altri temi, dai prigionieri da scambiare ai piccoli territori da sgomberare e poi, magari, alle centrali nucleari da garantire e poi chissà. Certo, i negoziati di pace diretti sono al momento, e lo saranno ancora a lungo, ben oltre la portata di chiunque, ma intanto si dia inizio al parley, come facevano anche i peggiori bucanieri: persino i pendagli da forca sanno che prima o poi conviene sedersi a tavolino, figuriamo i politici consumati.

Putin, in questi giorni, è ostentatamente andato in visita in Daghestan, dove in passato usò il pugno di ferro. È l’unica nota stonata della vicenda. Si impari dal contrattempo a non annunciare quello che è semplicemente possibile, perché la comunicazione è bestia pericolosissima e può far apparire come sconfitta letale ciò che nemmeno sconfitta è. Tutta esperienza per il futuro, quando si spera il gioco si faccia più interessante e la posta in gioco ancora più alta. Adesso, annuncia ancora la Santa Sede, il Papa deciderà “ulteriori” passi. Aggrappiamoci a quell’”ulteriori”: ne abbiamo bisogno. Spes contra spem.

Macario Tinti

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