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Quei rapimenti che scuotono Haiti

Sono 17 le persone rapite da un gruppo armato sabato scorso, a Ganthier, Haiti. Sette donne, cinque uomini e cinque bambini, che si trovavano ad Haiti per una missione umanitaria. Secondo Gédéon Jean, direttore del Centro per l’analisi e la ricerca sui diritti umani di Port-au-Prince, 16 sarebbero di nazionalità americana e una canadese. Secondo quanto riportato da Christian Aid Ministries, un gruppo religioso con sede in Ohio e che da anni aiuta migliaia di bambini haitiani, il gruppo stava rientrando dal sito dove è in costruzione un orfanotrofio ed era diretto all’aeroporto l’aeroporto Toussaint Louverture di Port-au-Prince. L’ispettore di polizia Frantz Champagne ha dichiarato che i missionari sarebbero stati rapiti lungo il percorso verso l’aeroporto. Uno di loro avrebbe fatto appena in tempo a lanciare l’SOS su WhatsApp: “Per favore, pregate per noi!! Siamo tenuti in ostaggio, hanno rapito il nostro autista. Pregate pregate pregate. Non sappiamo dove ci stanno portando”.

I rapitori sarebbero membri del gruppo armato 400 Mawozo, noto per diversi crimini commessi nella regione. Non è la prima volta che il gruppo 400 Mawozo sequestra religiosi per chiedere un riscatto: ad aprile scorso, erano stati sequestrati un sacerdote e una suora francese e il mese scorso, un diacono era stato ucciso davanti a una chiesa a Port-au-Prince e sua moglie rapita.

Solo commenti di rito da parte delle autorità USA. Un portavoce del governo degli Stati Uniti ha detto: “Il benessere e la sicurezza dei cittadini statunitensi all’estero è una delle massime priorità del Dipartimento di Stato”. Ma c’è chi dice che sarebbero in corso trattative per il riscatto.

Dopo l’uccisione del presidente Jovenel Moise (nella sua residenza il 7 Luglio scorso) e il terremoto di magnitudo 7,2 che, ad agosto, ha colpito la zona sud-ovest del paese (uccidendo più di 2.200 persone), Haiti deve far fronte ad un’impennata senza precedenti dei crimini legati a bande armate.

Pochi giorni fa, alcuni funzionari statunitensi in visita ad Haiti hanno parlato di nuovi aiuti per la polizia (15 milioni di dollari), per aiutare le forze dell’ordine a ridurre la violenza delle bande.

Tra i funzionari americani che hanno incontrato il capo della polizia di Haiti, anche Uzra Zeya, sottosegretario di Stato americano per la sicurezza civile, la democrazia e i diritti umani, che dopo la visita ha twittato: “Lo smantellamento delle bande violente è vitale per la stabilità haitiana e la sicurezza dei cittadini”.

Il rapimento dei giorni scorsi sembra confermare la necessità di un intervento tempestivo. Secondo l’Ufficio Integrato delle Nazioni Unite ad Haiti, BINUH, sarebbero oltre 300 i casi di rapimento a scopo di riscatto, solo nei primi otto mesi del 2021 (in aumento rispetto ai 234 casi di tutto il 2020). Fonti non ufficiali, però, parlano di un numero molto maggiore: oltre 600 i rapimenti nei primi tre trimestri del 2021, secondo il Center for Analysis and Research in Human Rights (CARDH), organizzazione no-profit con sede a Port-au-Prince.

“I disordini politici, l’aumento della violenza delle bande, il deterioramento delle condizioni socioeconomiche, tra cui l’insicurezza alimentare e la malnutrizione, contribuiscono tutti al peggioramento della situazione umanitaria”, si legge in una nota del BINUH. “Le forze di polizia sono sovraccaricate di lavoro e dispongono di risorse insufficienti per affrontare i problemi della sicurezza di Haiti”.

Da mesi, bande armate come quella che ha rapito il gruppo, devastano con furti e rapimenti l’area tra Port-au-Prince e il confine con la Repubblica Dominicana. Motivo per il quale, venerdì scorso, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva deciso di estendere il mandato della missione delle Nazioni Unite ad Haiti di altri nove mesi, fino al 15 Luglio 2022.

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