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La guerra in Ucraina e i crimini contro la popolazione inerme

È una guerra” ha esclamato Papa Francesco, “non un’operazione speciale“. Il Pontefice ha parlato di una guerra straziante e ha condannato la “barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti, di civili inermi”, davanti alla quale “non ci sono ragioni strategiche che tengono”. Francesco ha implorato di fermare il massacro che sta riducendo le città ucraine a cimiteri. Si tratta di una guerra sporca, ipocritamente definita “missione speciale”, combattuta senza il minimo rispetto per le convenzioni internazionali. Perché anche la guerra ha le sue regole.

Le prescrizioni umanitarie del diritto internazionale vietano, anche durante un conflitto bellico, l’uso intenzionale della forza contro la vita dei non combattenti, dei combattenti disarmati e di quelli disposti ad arrendersi. Il divieto di arrecare al nemico perdite di vite umane militarmente superflue deriva non soltanto dalla necessità di protezione dei singoli inermi ma anche dalla volontà di evitare una guerra di sterminio contro uno Stato, che cela l’intenzione reale di sopprimere tutti gli appartenenti ad un determinato popolo.

In Ucraina dall’inizio dell’offensiva russa si susseguono devastanti bombardamenti sulle persone, a cui era stato dato il permesso di transitare liberamente per abbandonare le città sventrate dalle bombe, sugli ospedali, con annessa disintegrazione del reparto di maternità. Una giovane donna incinta muore insieme al suo bambino in seguito alle gravi lesioni riportate a causa del bombardamento dell’ospedale dove era ricoverata in attesa del parto. Atrocità dinanzi alle quali non si fermano le falsità della propaganda russa che aveva parlato, a proposito della giovane in attesa di un figlio, di una messa in scena orchestrata dalle autorità ucraine. I militari russi hanno lanciato bombe contro gli impianti nucleari di Zaporizhzhya con il rischio di provocare una catastrofe umanitaria di enormi proporzioni, l’esercito russo è accusato di stupro e violenza di ogni tipo contro le donne ucraine.

I soggetti responsabili di crimini di guerra possono essere chiamati a rispondere delle loro azioni davanti alla Corte Penale internazionale. La Corte dell’Aia è stata istituita, con un trattato internazionale, lo Statuto di Roma, entrato in vigore il 1° luglio 2002. Si tratta di un tribunale indipendente e complementare alle giurisdizioni nazionali, che può esercitare il suo potere giurisdizionale sulle persone fisiche per i più gravi crimini di portata internazionale, crimini di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimini di aggressione. La creazione della Corte si è affermata per punire gli individui che si macchiano dei delitti più gravi contro l’umanità, motivo di allarme per l’intera comunità internazionale.

I comportamenti dei singoli vengono puniti e repressi indipendentemente dalla qualità di organo dello Stato rivestita dagli stessi. Sul presupposto affermato dal Tribunale di Norimberga che “i crimini contro il diritto internazionale sono commessi da uomini, non da entità astratte e solo punendo gli individui che commettono quei crimini, le prescrizioni di diritto internazionale possono essere rispettate”.

Nella definizione di atto di aggressione rientra la pianificazione, la preparazione e l’esecuzione di un atto di aggressione da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di un altro Stato. La Corte può perseguire i crimini di aggressione solo se entrambi gli Stati interessati al conflitto hanno ratificato lo Statuto della CPI.

Con specifico riferimento all’aggressione militare dell’Ucraina da parte della Russia, né lo Stato invasore, né lo Stato che ha subito l’aggressione hanno ratificato lo Statuto di Roma. Ciò comporta che gli autori del crimine di aggressione non possono essere giudicati dalla Corte penale internazionale senza il consenso dello Stato nazionale del presunto responsabile.

Diversamente, con riferimento ai crimini di guerra, che riguardano le modalità illecite della conduzione delle operazioni militari, come l’attacco ai civili inermi, i bombardamenti contro edifici abitativi, ospedali, scuole e chiese, l’Ucraina ha accettato la competenza della Corte sulla base di una dichiarazione depositata nel 2015.

Quarantuno Stati, tra cui l’Italia, hanno depositato presso la Corte una formale segnalazione in cui si manifesta la volontà di tali ordinamenti di sottoporre ad indagine la situazione di conflitto in atto in Ucraina. Sulla base di tale rinvio degli Stati alla Corte, il Procuratore può aprire un’indagine, senza necessità dell’autorizzazione della Camera preliminare. Come prevedono gli artt.13 e 14 dello Statuto di Roma, la CPI può esercitare il proprio potere giurisdizionale se uno Stato o più Stati segnala al Procuratore “una situazione nella quale uno o più crimini appaiono essere stati commessi”.

Il pubblico ministero che opera presso la Corte penale internazionale ha avviato un’investigazione per i crimini di guerra e contro l’umanità relativi ai fatti di Crimea da parte della Russia avvenuti nel 2014 e per quelli relativi all’offensiva militare sferrata dalla Russia in qualsiasi parte del territorio dell’Ucraina dal 24 febbraio 2022. In una sua nota si legge che “ci sono basi ragionevoli per credere che presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità siano stati commessi in Ucraina”.

Inoltre, i singoli Stati potrebbero esercitare direttamente la propria giurisdizione extraterritoriale che in relazione ai crimini internazionali riconosce la possibilità di processare e punire anche gli stranieri che commettono all’estero crimini contro l’umanità. Una giurisdizione che si esercita anche prescindendo dai uno dei criteri di collegamento con il crimine commesso (il territorio in cui il crimine è stato commesso, la nazionalità dell’autore, la nazionalità della vittima).

In virtù del principio della giurisdizione universale numerosi ordinamenti, che hanno adeguato il loro diritto penale allo Statuto di Roma, possono mettere sotto accusa individui presenti sul loro territorio, sospettati di aver commesso crimini internazionali.

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