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L’unica guerra giusta è quella alla povertà. La “buona battaglia” di Francesco

“Non abituiamoci alla guerra- esorta papa Francesco-. Impegniamoci tutti a chiedere a gran voce la pace. Dai balconi e per le strade. Pace! Chi ha la responsabilità delle nazioni ascolti il grido di pace della gente. Ascolti quella inquietante domanda posta dagli scienziati settant’anni fa. Metteremo fine al genere umano, o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?”. C’è una sola guerra che è giusto combattere. Quella alla povertà e all’esclusione sociale. “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede“, dice San Paolo al suo discepolo Timoteo. L’inequità è una “guerra” nascosta che impatta sui poveri.
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“La pandemia del Covid, la guerra e la grave crisi internazionale stanno mettendo tutti a dura prova“, avverte papa Francesco. “E se è difficile per il mondo sviluppato, lo è ancora di più per l’Africa. Dove le conseguenze sono drammatiche. Perché le popolazioni sono già molto povere. E mancano sistemi di protezione sociale”. Parole rivolte dal Pontefice ai partecipanti all’incontro promosso da Medici con l’Africa (Cuamm). L’Africa sta tornando indietro e la povertà si sta aggravando. I prezzi delle derrate alimentari stanno salendo ovunque. Portando fame e malnutrizione. I trasporti sanitari sono bloccati per il costo eccessivo del carburante. I farmaci e il materiale sanitario scarseggiano ovunque. “E’ una ‘guerra’ nascosta, che nessuno racconte- sottolinea il Pontefice-. Una guerra che sembra non esistere. E che invece impatta in modo durissimo, specie sui più poveri”.
Il Papa ha incontrato i medici del Cuamm. L’associazione, nata a Padova, si pone l’obiettivo di portare aiuti sanitari in Africa. Il Pontefice ha chiesto di guardare con occhi diversi questo continente. “L’Africa non va sfruttata, va promossa”. L’appello di Jorge Mario Bergoglio è inequivocabile: “Essere con l’Africa. Prima ancora di essere per l’Africa. E questo è proprio l’atteggiamento buono”. Mentre c’è nell’immaginario, nell’inconscio collettivo, “quell’atteggiamento brutto: l’Africa va sfruttata”. E contro si leva il no di Francesco che esorta ad “essere con l’Africa”. Così, essere con l’Africa è essere per l’Africa. Un continente nel quale “c’è un grande capitale intellettuale”. E “dobbiamo aiutare a svilupparlo“.
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Nella guerra alla disuguaglianze la cristianità è chiamata ad essere unita. La vocazione evangelica alla giustizia sociale si esprime anche nell’ecumenismo. Eppure le assemblee ecumeniche tenute in Europa, a Basilea (1989), a Graz (1997) e a Sibiu (2007) non hanno prodotto quei risultati che ci si attendeva. Non è un caso che dopo la terza assemblea di Sibiu, in Romania, il processo si sia bloccato. Solo da alcuni anni la rigidità delle posizioni non appare più insuperabile come in passato. Con papa Francesco sembra essere rinata la fiducia nella ripresa di un percorso fruttuoso. Il tema della povertà è stato centrale al Concilio Vaticano II. Una sensibilità che richiama alla mente la figura del cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro. Con l suo indimenticabile intervento conciliare sulla Chiesa povera e per i poveri. Suo consigliere personale e perito del Concilio era don Giuseppe Dossetti. L’ex politico democristiano poi ordinato sacerdote.
Il tema della povertà rappresenta una porta spalancata verso la valorizzazione del protagonismo crescente delle Chiese più giovani. E di quelle del sud del Mondo. Fondamentali encicliche sono state pubblicate negli anni postconciliari. Come la “Populorum Progressio” (1967) di Paolo VI. La “Sollicitudo rei socialis” (1987) di Giovanni Paolo II. La “Evangelii Gaudium” (2013) di Francesco. Documenti nel solco della Dottrina sociale della Chiesa. A dimostrare quanto sia diventato prioritario per la barca di Pietro il farsi carico responsabilmente dei drammi della fame. Del   sottosviluppo. Dell’impoverimento crescente in tante periferie del mondo attuale.

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