C’è davvero bisogno di una giornata internazionale dei giovani? Forse no o almeno non così! L’ONU l’ha istituita nel 1999, più di un decennio dopo l’intuizione di Giovanni Paolo II della “Giornata Mondiale della Gioventù”. Se la prima cade ad agosto ogni anno, quelle ecclesiali con la presenza del Papa sono spesso celebrate in questo mese; la prima si conclude in 24 ore (l’indomani magari sarà la giornata internazionale della sedia, tutti concentrati sull’importanza di tale arredo e addio giovani!), la seconda dura quasi una settimana a cui aggiungere un’intensa preparazione. Inoltre, siamo a trent’anni dalla GMG in Polonia, un evento particolarmente significativo per i giovani partecipanti che ancora la ricordano con emozione, ma anche per il luogo (un Paese su cui gravava il Comunismo) e per il periodo (pochissimo tempo dopo la caduta del Muro di Berlino).
E allora perché il dubbio iniziale sul bisogno o meno? Perché chi opera in campo educativo sa bene che una cosa è la “carta” e un’altra è la “carne”! Quante giornate, convegni, libri, riunioni per parlare dei giovani – tutto in buona fede per lo più e con ottimi propositi – finiti in un nulla di fatto, tanto da ritrovarsi sempre ad affrontare in seguito le medesime questioni? Insomma un mucchio di carta o anche un castello di carte, spazzati via dal forte vento della realtà e dalla tempesta dei risultati non sempre piacevoli. Vale anche per la GMG: tanta preparazione, investimenti economici, giorni ricchi e poi – tornati a casa – i problemi sono altri, le solite persone, le comunità concentrate in riunioni, progetti, incontri… e il cerchio della “carta” ricomincia in attesa del vento. E la “carne”?
Sono appena rientrato da Torino in visita nel luogo in cui Don Bosco, privo di ogni cosa tranne che della fiducia nella Provvidenza, ha dato ai giovani una famiglia, una casa, la scuola, il lavoro, Qualcuno in cui credere, e tutto a partire da una tettoia in affitto; una storia di amore e dedizione ai giovani che ancora più incredibilmente da lì ha raggiunto ogni continente e cerca ancora di rinnovarsi fedele al carisma.
Questo è dare vita, e solo dalla “carne” ciò è possibile, visto che nessun libro sui giovani (neppure il più venduto al mondo), e quindi “carta”, ha veramente mai generato qualcosa, al massimo l’ha ispirata e sostenuta. Insomma, una giornata dedicata o anche una settimana non bastano, al massimo servono a tener in pace apparentemente la coscienza delle istituzioni e degli adulti in generale; la cura dei giovani è invece un pensiero quotidiano, dedizione all’ascolto, fare strada insieme fin dove opportuno, credere nei loro sogni, suscitare in loro dei sogni, accompagnarne i progetti di vita, comprensione dei fallimenti, creazione di politiche adeguate e di ambienti educativi stimolanti, consegnargli un mondo migliore e le istruzioni per migliorarlo ancora. Attenzione, però, a non scambiare tutto questo con le risposte pronte e precotte tipiche dell’età adulta (la “carta”), poiché spesso non corrispondono alle domande vere (la “carne”) dei giovani, anzi potrebbero mai esserci poste!