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Giornata per le vittime del Covid-19: quali insegnamenti trarre da questa ricorrenza

In Italia abbiamo un’eccedenza di giornate celebrative, dedicate anche a diversi tipi di vittime di gravi piaghe della società come mafia, terrorismo e incidenti stradali. L’istituzione della una giornata per le vittime del Covid 19, avvenuta nel marzo del 2021 con la pandemia ancora in corso, ha preso quindi alcune sfumature tipiche della speculazione politica.

Non a caso la data scelta è stata identificata nel 18 marzo, in quel giorno del 2020 i mezzi dell’esercito rimossero dal cimitero monumentale di Bergamo centinaia di bare, formando una colonna che rimase impressa nella mente e nell’anima degli italiani. Il dato emozionale è quindi un elemento determinate di questa ricorrenza. Ma a distanza di 3 anni l’Italia sembra un paese più diviso e le inchieste appena aperte sull’operato del governo di allora lasciano ancora più perplessa l’opinione pubblica.

La guardia di finanza ha avvito le notifiche per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio per venti indagati. Il virus si poteva fronteggiare prima e meglio? Questo sembrano affermare le accuse ma il buon senso ci fa riconoscere che nel resto d’Europa la musica non è poi stata tanto diversa davanti ad un evento imprevedibile, in termini di portata e diffusione.

Un altro elemento di divisione sono stati i vaccini, oggi c’è chi contesta la loro efficacia. Il negazionismo e il complottismo più ottuso hanno avuto come contraltare coloro che imprudentemente attribuivano al vaccino anche la completa capacità di fermare il contagio. Ovviamente il siero ha contribuito a frenare l’epidemia ma toni meno perentori sulla sua efficacia (non erano ammessi nemmeno dubbi sulla necessità di inocularlo ai più giovani) avrebbero evitato di alimentare i suoi detrattori più ideologizzati.

Insomma oggi forse non siamo il Paese migliore che tutti dicevamo che saremmo diventati. Quali insegnamenti dobbiamo trarre allora da questa ricorrenza e cosa dobbiamo mettere al centro dei nostri ricordi e riflessioni? Innanzi tutto le oltre 180mila vittime della pandemia, rispettare il dolore dei lori cari, evitando inutili e sterili polemiche politiche sulle vere cause dei decessi. Allo stesso tempo però la ricerca della verità è un dovere per non ripetere gli stessi errori. Protocolli sbagliati, le errate prescrizioni di vigili attese senza assunzione di farmaci, gli anziani in abbandono terapeutico domiciliare, gli ospedali al collasso, la mancanza di posti letto nelle terapie intensive, trovano giustificazioni solo nei primi mesi della pandemia, dopo sono diventati errori cronici da riconoscere e indagare.

Altro aspetto su cui bisogna aprire un necessario confronto alla luce dei devastanti risultati ottenuti è il permanente isolamento di bambini, adolescenti e giovani che a fronte di un rischio sanitario per loro ridotto hanno visto l’interruzione per almeno un anno e mezzo di ogni attività di socializzazione e formazione, utile alla strutturazione della personalità. I dati diffusi da istituti sanitari di ogni tipo mostrano l’aumento esponenziale di moltissimi disturbi della personalità tra i giovanissimi.

Infine se vogliamo valorizzare questa giornata dobbiamo tornare a dare valore al servizio sanitario nazionale. L’Italia deve riconoscere il ruolo sociale degli operatori sanitari e l’importanza dell’accesso gratuito alle cure. Non dobbiamo mai dare per scontato il diritto alla salute e difenderlo restando vigili e consapevoli che ogni vita è degna di essere salvata e curata. Per dirla con le parole di Papa Francesco, l’Italia deve accogliere questa giornata come un emblema della lotta “alla cultura dello scarto”. Gli ospedali e le strutture sanitarie sono baluardi di civiltà e misericordia che devono restare fuori da ogni logica utilitaristica di tipo aziendale. In questa giornata dobbiamo prendere coscienza di tutto questo per continuare a rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono fra le persone e il diritto alla salute.

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