Il 6 ottobre si celebra la Giornata mondiale della geodiversità e il nostro Paese è, nel panorama mondiale, uno di quelli con più motivi in assoluto per onorarla. Sono pochi infatti gli Stati che possono vantare una tale varietà di formazioni geologiche, oltretutto in continua evoluzione e movimento. L’attività sismica ha avuto un ruolo fondamentale nel plasmare quei panorami da cartolina che contraddistinguono un’ampia parte del nostro Paese, che siano dolci colline o montagne aspre e aguzze. Di esempi se ne potrebbero fare a decine e, certo, lo spazio di un articolo non basterebbe. Vivendo e lavorando da sempre nelle Marche, mi piace però citare alcune formazioni di rara bellezza del nostro territorio, come la gola e le grotte di Frasassi, la falesia di San Bartolo e del Conero, costituite da rocce sedimentarie che si sono formate a migliaia di metri sotto al livello del mare e che nel tempo sono emerse fino a costituire la dorsale appenninica. Grazie alla loro conformazione, sono diverse le montagne che nelle Marche ospitano grotte la cui età si conta in milioni, che tutt’oggi continuano a modificarsi, e che certo ancora oggi conosciamo solo in piccola parte. Non dimentichiamo infatti che prima del 1971 anche la vastità delle grotte di Frasassi era per lo più ignota e se oggi costituiscono uno dei siti più visitati del centro Italia è per puro caso, quello che portò alcuni giovani appassionati a incuriosirsi per uno spiffero d’aria che trapelava dal suolo, nel corso di un’escursione.
La geodiversità è un patrimonio che è doveroso celebrare, ma che è necessario anche difendere. La cronaca di queste ultime settimane e giorni ce lo ha ricordato una volta ancora: i fenomeni climatici “estremi” sono sempre più frequenti, con precipitazioni importanti e violente, con quantitativi di pioggia elevati in poche ore (in Emilia Romagna nel giugno 2023 in poche ore è piovuto un quantitativo di pioggia pari a quello che solitamente cade in 6 mesi).
A queste situazioni vanno sommate anche quelle legate a fenomeni franosi, sismici e vulcanici. Facciamo un secondo esempio: Lame rosse nel Parco dei Monti Sibillini. Si tratta di pinnacoli di detrito (simili alle piramidi di terra di Segonzano) che a seguito della sequenza sismica che ha interessato le Marche nel 2016 sono stati coinvolti in crolli e cadute di detrito tanto da comprometterne la stabilità.
Ecco perché tutelare la geodiversità significa proteggere il nostro territorio, curarlo, manutenerlo. È necessario ricordare che alcuni di questi patrimoni, conseguenza di processi geomorfologici lunghi milioni di anni, possono scomparire in pochi istanti. Dovrebbe essere il compito di qualsiasi amministrazione nazionale, che si tratti di governi o agenzie pubbliche, informare e sensibilizzare sulla tutela di questa immensa ricchezza – giacché ogni cittadino dovrebbe essere protagonista di questa azione – così come investire in opere di mitigazione del dissesto idrogeologico e vigilare sul fatto che vengano effettivamente completate nei tempi previsti.