Convalescenza finita, Francesco riprende a viaggiare e vola nell’Europa centrale per una visita che lo porterà da domenica a mercoledì a percorrere 2.772 km e a pronunciare in poco più di 80 ore oltre 10 discorsi, con un’agenda sovraccarica di appuntamenti. Un tour de force che metterebbe a dura prova le energie di un giovanotto, figurarsi un papa che a dicembre compirà 85 anni e lo scorso luglio è stato sottoposto a un serio intervento chirurgico. Evidentemente Francesco sente di potercela fare e le presunte ‘rivelazioni’ su un’imminente rinuncia al papato si sono rivelate per quello che erano: non notizie ma wishful thinking, desideri scambiati per realtà.
A Budapest, prima tappa del suo viaggio, il Papa resterà solo domenica mattina. Giusto il tempo necessario per celebrare la messa conclusiva del 52esimo Congresso eucaristico internazionale. La partecipazione a questa antica manifestazione di pietà popolare è l’unico motivo della trasferta ungherese, sebbene l’attenzione mediatica sarà concentrata sul programmato incontro col premier Viktor Orban. In realtà il breve saluto “istituzionale” aggiungerà ben poco a quello che già sappiamo sulle vedute palesemente divergenti tra il leader politico sovranista e il papa argentino. Basti pensare, da ultimo, al tema dell’accoglienza dei profughi afghani nell’Unione europea, caldamente invocata da Francesco e gelidamente esclusa da Orban. Divergenze che a volte si riverberano anche nella Chiesa, con settori del clero ungherese schierati con il “nazionalismo cristiano” del premier.
A differenza della tappa magiara quella in Slovacchia sarà una vera ‘visita pastorale’. Ancora una volta Francesco sceglie, in Europa, di viaggiare nelle nazioni più piccole sul piano geografico e meno influenti sul piano politico; anche meno raccontate dai media. Perché questa scelta? Attenzione evangelica agli “ultimi” anche nello scenario internazionale, certo.
Ma non solo: Bergoglio è convinto che la realtà si veda “meglio dalla periferia che dal centro”; anche la realtà della costruzione europea, con i suoi punti di fragilità e con le speranze che essa alimenta. Non a caso la prima meta dei suoi viaggi europei fu l’Albania, seguita da paesi come Bosnia, repubbliche baltiche, Bulgaria, Macedonia del Nord, Romania… Nazioni “periferiche”, dove le comunità cattoliche sono spesso minuscole. Anche questa volta lo attende una nazione piccola sulla carta geografica ma a maggioranza cattolica e con alcune novità interessanti. La Slovacchia è uno dei pochissimi paesi Ue (l’altro è l’Estonia) ad avere una donna presidente della repubblica; si chiama Zuzana Capotova, di idee progressiste, ammiratrice di papa Francesco, molto impegnata nella causa ambientale e sui temi dell’inclusione sociale.
Scopo della visita del Papa è come sempre ravvivare la fede della comunità cristiana, qui come altrove affievolita nell’impatto con la secolarizzazione. Toccante sarà l’incontro a Bratislava con i senza tetto ospiti del Centro Betlemme delle suore di madre Teresa di Calcutta. Fra i temi “civili” Francesco non potrà ignorare la piaga della corruzione: nel 2018 il giornalista Jan Kuciak venne ucciso con la sua fidanzata mentre indagava sui rapporti tra personalità politiche vicine all’allora premier Robert Fico ed esponenti locali della ‘ndrangheta. L’omicidio ha provocato un’ondata di sdegno che si è abbattuta come uno tsunami sui palazzi del potere.
Sono attese parole chiare anche sul rispetto delle minoranze e la riconciliazione sociale; proprio la comunità ungherese lamenta pesanti discriminazioni in Slovacchia ma lo stesso tema – il rispetto di chi è altro da noi – echeggerà anche negli incontri del Papa con la comunità ebraica e nella visita al quartiere Lunik IX di Kosice, il più grande e spettrale ghetto Rom dell’Europa orientale.