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La forza della voce dell’Occidente

Un mese di guerra nel cuore dell’Europa. Se misurassimo questo periodo di tempo avendo come riferimento la durata di altri conflitti che si sono visti sul Vecchio Continente, potrebbe sembrare un periodo breve. Ma diventa enorme se si pensa all’arroganza e alla protervia con cui le forze militari russe pensavano di prendere il controllo di un Paese che per il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin non esisteva né come nazione, né come cultura, né come lingua autonoma. Gli obiettivi dei russi erano stati individuati secondo i parametri di una “guerra lampo”.

Nel frattempo che si aspetta di vedere uno spiraglio di resipiscenza da parte del leader russo, si può osservare che quest’ultimo sta ottenendo dei risultati opposti rispetto a quelli prefissati, perché l’Ucraina si dimostra irriducibile e con una cultura militare superiore rispetto a quella dei russi. Il bilancio resta comunque drammatico, per quello che riguarda le vittime civili, e miserabile, sotto il profilo militare, per Putin.

Gli Stati Uniti d’America, l’Unione europea, il Canada e il Giappone si sono mostrati tutti uniti nel voler isolare Putin. L’Occidente sta tornando a essere “uno”, dopo che nei decenni passati era stato parzialmente lacerato da alcune divisioni, ma è come se ancora reagisse agli stimoli esterni invece di saper predisporre una propria visione e un proprio progetto di futuro. E in precedenza non ha effettuato un’esatta valutazione della figura del capo di Stato russo, e di conseguenza nel 2014 si è chiuso un occhio sull’annessione della Crimea.

Ora comunque la voce dell’unità dell’Occidente è quella più forte e l’Italia, grazie alla presenza del presidente del Consiglio Mario Draghi, è nel coro. Bisogna andare avanti insieme ed è sempre più evidente quanto nell’Ue occorrano una politica di difesa e una politica estera comune. Servono gli Stati Uniti d’Europa, una forza politica ed economica autonoma e più indipendente. Quando finiranno gli “stimoli esterni” della pandemia e della guerra, augurandosi che ciò avvenga il prima possibile, i nostri Paesi saranno in grado di procedere lungo questa strada?

Tornando all’attualità, per ora non si è riusciti a immaginare la rinuncia completa alle forniture russe di gas – anche se è stato messo in piedi un progetto per raggiungere questo obiettivo nel giro di cinque o sei anni. Se ne possono comprendere i motivi, ma rinunciare del tutto al gas russo vorrebbe dire accelerare la fine della guerra e far partire, all’interno della Russia, un progressivo distanziamento da Putin.

Un altro punto su cui l’Occidente deve dimostrare lungimiranza è il saper lavorare per non far acuire i contrasti che ci saranno, una volta che sarà risolta questa situazione, tra la nostra parte del mondo e il resto del pianeta, dove avrà come contraltare Paesi come la Cina e l’India.

Ma ora servono tutti gli aiuti, perché Putin non deve vincere. Il presidente americano Joe Biden ha ragione a dire che il leader russo ha sfidato la democrazia mondiale. Gli ucraini stanno lottando anche per noi e ci stanno re-insegnando cosa significa difendere la libertà e la democrazia.

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