La sentenza del Tar Lazio del 25 maggio 2017 ha annullato il bando per la selezione pubblica dei dirigenti di 20 poli museali italiani. In particolare, la sentenza fa molto discutere laddove afferma che il bando non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini “non italiani” in quanto nessuna norma derogatoria consentiva al Ministero dei beni culturali di reclutare dirigenti pubblici al di fuori delle indicazioni, tassative, contenute nelle norme generali che regolano la materia (d. lgs. 165/2001).
O meglio, una deroga per i poli museali vi sarebbe stata (nel 2014), ma a giudizio del Tar non sarebbe di portata tale da aprire i concorsi agli “stranieri” in assenza di una più puntuale previsione di legge: ragione per cui, giustamente, molti ritengono che la lacuna sia addebitabile al Parlamento più che al Tar: i giudici, infatti, si limitano ad applicare la legge.
Lo “standard internazionale” che la normativa del 2014 intende perseguire per i poli museali non vuol dire “concorso internazionale” e può ben essere raggiunto migliorando gli aspetti sostanziali e contenutistici dell’offerta museale italiana e valorizzando il carattere “internazionale” dell’esperienza maturata dal “cittadino” all’estero.
Vi è poi una seconda censura, parimenti accolta dal Tar, che attiene alla modalità seguita per il colloquio dei candidati. Infatti, la commissione di concorso ha utilizzato la modalità Skype per sentire i candidati residenti all’estero (alcuni oltre oceano) e ciò è stato ritenuto insufficiente dal Tar che ha intravisto un vulnus al principio di trasparenza (cd. concorso a “porte chiuse”).
La sentenza sarà appellata ed in tale contesto saranno portati all’attenzione del Consiglio di Stato molte questioni non risolte dal Tar, tra le quali segnalo la distribuzione dei poteri tra giudice civile e giudice amministrativo e, soprattutto, la compatibilità della normativa italiana, come interpretata dal Tar, con la Costituzione ed il diritto europeo: la prospettazione di un dubbio in tal senso era forse era la strada giusta da seguire da parte del Tar prima di annullare “fragorosamente” il bando.
Vi è stata una vasta eco sui mass media e, qualcuno torna di nuovo a chiedere una “limatura” dei poteri della giustizia amministrativa. E’ un ritornello che periodicamente si sente e va nella debole logica del “do all the same brush” (fare di tutta l’erba un fascio) ma che non tiene conto della realtà e cioè che, allo stato, la giustizia amministrativa tutela i cittadini verso il potere pubblico e la pubblica amministrazione ed è il solo argine di cui disponiamo.