Questa domenica si celebra la solennità della Santissima Trinità. Per spiegarla, voglio descrivere in che modo è stata raffigurata nell’arco dei secoli. Sono tre infatti le tipiche immagini usate per rappresentare l’amore tra il Padre il Figlio e lo Spirito Santo. Non tutte e tre sono però corrette dal punto di vista teologico.
La prima deriva infatti dalle religioni naturali. E’ il triangolo. E’ un po’ il simbolo stilizzato della Santissima Trinità per eccellenza: ce ne è uno raffigurato anche nella cattedrale di Perugia, ad esempio.
Il triangolo è però un modo pessimo da rappresentare la Trinità perché è una figura unica mentre la Trinità è composta da tre persone distinte tra le quali corre una relazione. La Santissima Trinità è anzi il mistero della relazione per eccellenza tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per tale motivo non è corretto rappresentarla con un semplice triangolo.
Il secondo modo per rappresentare la Santissima Trinità è quello in auge durante il Rinascimento italiano. Nello specifico, l’affresco di Masaccio del 1425 intitolato “La Santissima Trinità, con la Vergine Maria, San Giovanni e i donatori”, attualmente conservato nella Basilica di Santa Maria Novella a Firenze.
Un’immagine che tutti conoscono dai libri di Storia dell’Arte. Il soggetto principale raffigurato è costituito dalle figure della Trinità, disposte secondo il modello iconografico chiamato “Trono di Grazia” con il Padre che regge la croce del Figlio e la colomba dello Spirito Santo sul capo di Gesù.
L’affresco, rivoluzionario per il suo impianto iconografico del tempo, evidenzia la relazione di sostegno, e dunque di amore, del Padre e dello Spirito Santo verso il Figlio crocefisso, nel momento della sua passione. E’ la risposta figurativa alle parole pronunciate da Gesù in croce: “Eloì, Eloì, lama sabactàni? Che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Masaccio ha raffigurato il Padre come se rispondesse: “No, non ti ho abbandonato, sono qui con lo Spirito Santo a sostenerti”. Un affresco bellissimo e carico di amore compassionevole.
La terza e ultima rappresentazione della Santissima Trinità è per me la più bella ed esplicativa. Forse è anche la meno nota di tutte. Si tratta dell’icona dipinta dal monaco orientale Andrej Rublëv, realizzata nel 1422 e intitolata “La Trinità”. Ma è meglio nota col titolo “Ospitalità di Abramo”, dall’episodio biblico dell’incontro di Abramo e Sara con i tre angeli presso la tenda piantata a Mamre.
Nel dipinto ligneo su sfondo oro, tipico della tradizione iconografica orientale, sono rappresentate tre figure che alludono probabilmente ai tre pellegrini (in realtà degli angeli) che vanno a trovare Abramo a Mamre seduti a un tavolo. Secondo la tradizione, il soggetto raffigurato sulla sinistra è Dio Padre, al centro è collocato Gesù, mentre sulla destra è presente lo Spirito Santo. Sono tre persone identiche, tutte giovani a rappresentare l’energia della vita eterna.
Questa icona è quella che a me fa pensare di più alla Trinità. E la cosa importante è che questo tavolo, che allude all’ultima cena, ha quattro posti. Le tre persone della Trinità occupano i tre lati, tre sedie del tavolo, ma quello che è davanti a chi guarda è libero.
Questa è la buona notizia: noi osservatori siamo invitati a sederci a quel tavolo. Vale a dire ad entrare dentro alla relazione della Trinità! Non è una cosa chiusa tra loro tre, Padre Figlio e Spirit Santo: l’amore divino è qualcosa che vuole essere condiviso con l’essere umano.
A livello grafico, sono queste le tre immagini che rappresentano la Santissima Trinità. Ma, fuori dall’arte, ce n’è anche un’altra: la famiglia. L’uomo e la donna sono stati creati a immagine di Dio. Quindi, la famiglia è la principale immagine della Santissima Trinità ed è chiamata a vivere quella stessa relazione d’amore.