Sempre più ci si chiede se nella sfera delle libertà umane debba ricomprendersi anche quella di togliersi la vita. Impensabile arrivare invece alla possibilità di scegliere di darsi la vita o di poter ritornare alla vita una volta morti. Per chi non ha una fede scegliere di morire è di fatto una via senza ritorno. Si tratta quindi della rinuncia definitiva ad ogni altra libertà di scelta: si diventa padroni della propria esistenza solo in apparenza.
Già la normativa attuale (Legge 219/17) offre la possibilità di rinunciare in qualunque momento a qualsiasi trattamento medico anche già iniziato. Sono compresi i sostegni vitali anche quando non invasivi né fastidiosi. Inoltre è possibile sospendere cure salvavita anche in presenza di patologie facilmente curabili ed è previsto che si possano mettere per iscritto le proprie volontà attraverso Disposizioni Anticipate di Trattamento non altrimenti delimitate. Si pone così una pietra tombale alla possiblità di ripensarci qualora si perdesse la capacità di esprimersi. Il medico viene obbligato ad obbedire a tali richieste, trasformandosi così in un mero esecutore e perdendo tanto il suo diritto fondamentale di fare obiezione di coscienza, quanto il dovere di agire in scienza e coscienza.
Ora la commissione Affari sociali della Camera dei deputati sta esaminando una proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia“. L’intenzione di questo testo è dichiaratamente quella di rendere legale l’eutanasia, ovvero la possibilità di mettere in atto comportamenti attivi od omissivi allo scopo di procurare la morte di una persona al fine di eliminare ogni dolore; fine certamente nobile ma ottenuto con un omicidio depenalizzato. Questo testo pone alcune condizioni per cercare di evitare che ciò non avvenga senza il consenso del paziente, il quale deve essere almeno 18enne.
Tuttavia, ci si deve chiedere quale sia la ragione per cui si intenda continuare ad applicare al medico e al personale sanitario l’articolo 580 del Codice Penale che ad oggi protegge dall’istigazione e dall'aiuto al suicidio. Inoltre, ci dovrebbero spiegare il motivo per cui verrebbe sospeso anche l’articolo 593 dello stesso codice – riguardante l'omissione di soccorso – il quale punisce “chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'autorità”.
La richiesta di eutanasia dovrebbe essere “motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi”. Non specificando se le sofferenze debbano essere fisiche, ci si espone alla possibilità che si possa trattare anche solo di un grave dispiacere. L’opzione “inguaribile” non necessita di riferirsi unicamente a patologie invalidanti o dalla prognosi infausta. Quest’ultima, infatti, è solo la terza ed ultima ipotesi e non una condizione necessaria.
L’esperienza di altri Stati dimostra come, cedendo su questo fronte, saltino poi facilmente anche le condizioni restrittive, arrivando a prevedere l'eutanasia per i minori, perfino senza il consenso dei genitori, come già in vigore in Olanda dove sempre più spesso viene attuata senza richiesta né consenso del paziente
L'esperienza ci insegna che le già rare richieste di eutanasia diminuiscano in seguito ad una maggiore attenzione dei medici nei confronti dei pazienti e al sostegno da parte dei familiari. Ma in una società dove si è sempre più soli, con meno figli, meno medici e una sanità sempre più costosa, quali scelte verranno incentivate?