Cosa ci sarà andato a fare papa Francesco a Cipro? E cosa ci andrà a fare, in queste ore, in Grecia? Sono, in definitiva, solo piccole e irrilevanti periferie. Come l’Albania, dove Francesco si è recato, come la Bosnia, dove Francesco si è recato, come la Slovacchia, dove Francesco si è recato, come ha fatto con la Bulgaria, certamente periferia europea come la stessa Macedonia del nord. Sono tutte periferie dove i cattolici sono una minoranza, cioè una periferia, come tante altre minoranze qui da noi.
Quindi il papa è andato a riportare Cipro e nelle prossime ore anche Atene al centro dell’Europa intesa come messaggio inclusivo. L’Europa inclusiva però non si fa con una circolare per i funzionari, ma con la forza dei gesti. Il papa a Cipro ha scelto come prima tappa la piccola Chiesa maronita, per portare anche quell’1% di popolazione cipriota originaria di Siria e Libano al centro della realtà di Cipro e della Chiesa cattolica. Quanti cattolici sapevano che a Cipro esiste una realtà maronita? Poi, nella serata di venerdì, ha scelto di incontrare i profughi, i rifugiati, i fuggiaschi. E’ certamente un’altra minoranza, un’altra delle periferia esistenziali che fanno Cipro e l’Europa.
Queste scelte hanno costituito a mio avviso la forza del suo gesto, che non è un gesto di forza. In queste ore di gesti di forza ne abbiamo visti tanti. Da parte della Turchia e della sua aggressività in questo nostro spazio, da parte della Russia, della Bielorussia e della loro aggressività nel nostro spazio, ma anche della Polonia e della sua aggressività nel suo spazio che è spazio europeo. Anche l’Europa ha mostrato i suoi muscoli con le poche migliaia di migranti che costruiscono il dramma al confine tra uso bielorusso e respingimento polacco. Lo ha fatto ovviamente con loro, i profughi, più che verso chi li usa. Davanti a tutto questo il gesto di Francesco di accogliere in Vaticano 50 profughi che vivono a Cipro in Vaticano incarna la forza di un messaggio di testimonianza che sa unire diverse crisi in una crisi sola: la crisi di tutti i messaggi di forza davanti alla forza dei messaggi. Chi è che mette in pericolo l’Europa? Gli aspiranti rifugiati o chi li usa? E dunque cosa fa all’Europa la forza del respingimento di un manipolo di vittime di guerre infami?
Questo a Cipro dice che oggi mettono in crisi la sua speranza di ritrovare la sua unità non i turco-ciprioti, ma chi li sommerge di coloni anatolici. Quei contadini non hanno responsabilità, ma chi li usa sì. Dunque per ricostruire un’unità cipriota, come un’unità europea, non è l’esclusione, ma l’inclusione il vero messaggio dirompente. Inclusione a Cipro e di Cipro, inclusione in Grecia e della Grecia. Quell’inclusione che i greci ai tempi dell’austerity non hanno avvertito come tale. Ora per via della pandemia si cambia registro, ma un rifugiato ha raccontato al papa la sua Odissea davanti a un modulo che gli chiede di spiegare apponendo la crocetta giusta chi è, perché vuole entrare, cosa vuole. “Io sono tante cose”, ha detto. E mi sono ricordato di quel profugo che lungo la rotta balcanica nel 2015 disse in un’intervista “solo andando dove sono stato io capirete chi sono”.