L’estate che ci apprestiamo a vivere, come sarà davvero lo scopriremo solo vivendo, avrà un retrogusto particolare. Da una parte il viale del tramonto del capo dello Stato, Sergio Mattarella, ma non oscuro e tetro, bensì l’esatto contrario. L’uscita dal settennato non sarà una cerimonia triste, ma un processo politico intenso. E l’estate porterà con sé un grande lavoro di tessitura di trame fra le forze politiche, di cui vedremo i risultati al termine della stagione. Ovviamente tutto questo inciderà sull’attività del governo. Il quale si appresta ad affrontare i mesi caldi del calendario in modo effervescente, ma non incosciente, essendo il presidente del Consiglio, Mario Draghi, uomo accorto e dotato di sensori speciali. Insomma, non ci sarà da annoiarsi.
Partiamo dal Quirinale allora. “Sono passati settantacinque anni da quando, con il voto nel referendum del 2 giugno 1946, gli italiani, scegliendo la Repubblica, cominciarono a costruire una nuova storia. Anche oggi siamo a un tornante del nostro cammino dopo le due grandi crisi globali, quella economico finanziaria e quella provocata dalla pandemia. Come lo fu allora, questo è tempo di costruire il futuro”. Nel suo discorso in occasione della festa della Repubblica, l’inquilino del Colle ha fissato due paletti molto chiari. La Costituzione non si tocca e la ripresa non è una variante ma una certezza. La strada indicata da Mattarella, non è solo chiara, ma lineare, inequivocabile. Ed è a quella che si richiama Draghi nello stilare l’agenda estiva. Semplice ma strategica.
In pratica ci sono quattro pilastri, novanta giorni per mettere a posto le cose e, ovviamente, nessuna sosta estiva. Il progetto del governo per uscire definitivamente dalla fase acuta della pandemia, in modo da rilanciare davvero il sistema è molto coerente con lo stile Draghi, per non dire metodo. L’idea è quella di non fermarsi, soprattutto tra giugno e agosto. Poche ferie e tanto lavoro per non restare indietro su una tabella di marcia serratissima. Che tutti, a Palazzo Chigi, considerano determinante per raggiungere gli obiettivi che si è posto questo governo nel momento in cui è nato.
I dossier decisivi sulla scrivania di Mario Draghi sono quattro: Recovery e ripresa, migranti, summit internazionali e campagna vaccinale. Da gestire, ovviamente, tenendo conto anche delle numerose incognite che potrebbero manifestarsi nei prossimi tre mesi. A partire dalle amministrative, un elemento di possibile disturbo tra le forze di maggioranza. Del resto in un Paese eternamente in campagna elettorale, come lo siamo da anni, non garantisce sufficiente serenità. E le fibrillazioni potrebbero allungare i tempi.
Entrando nello specifico dell’agenda, prima di tutto c’è il Recovery, che è la priorità assoluta di Draghi. Come farlo correre, come garantire le tranche di erogazione dei fondi, come assicurare il successo dei progetti: ecco i nodi più delicati. Il decreto semplificazioni appena approvato affida al capo dell’esecutivo importanti poteri di intervento sul dossier, per sbloccare i progetti che si arenano o non procedono con la dovuta celerità. Tutto, in ultima istanza, fa capo al presidente del Consiglio e al ministero dell’Economia, i due timonieri, i terminali di ogni decisione. Non sono mancati i malumori tra le forze politiche, ma alla fine Draghi ha accontentato diverse richieste, mediando tra le diverse istanze. Saranno coinvolti di volta in volta i ministeri interessati ai singoli dossier, ma di fronte all’eventuale inerzia di comuni, regioni o di altri soggetti nell’attuazione del piano, toccherà ai due terminali intervenire con poteri sostitutivi. Un ruolo centrale lo avrà in particolare la segreteria tecnica che nascerà sotto la Presidenza del Consiglio, pronta a raccogliere le indicazioni dei ministeri rispetto a eventuali criticità, per avviare un percorso che può sfociare anche nel commissariamento. Ma non è finita qui.
Per dare attuazione al Pnrr, era necessario approvare il decreto semplificazioni entro maggio (obiettivo centrato) e individuare altri passaggi chiave tra giugno e luglio. C’è da varare il decreto concorrenza, altro tassello fondamentale per dare attuazione al Recovery. Subito dopo, si metterà in cantiere la legge delega sul fisco. Sono riforme chiave, anche per sfruttare il “rimbalzo” dopo la pandemia e incrociare una ripresa solida. Non centrarli significa esporsi al rischio di perdere una parte cospicua della tranche di fondi promessa da Bruxelles. E, per Draghi, non tagliare il traguardo per cui si è impegnato con la Commissione europea.
E poi c’è la scena internazionale, dove Draghi vuol tornare ad essere protagonista. E’ uno snodo fondamentale per Palazzo Chigi, perché ne va della credibilità dell’Italia di fronte all’Europa. Ma oltreconfine il premier dovrà calarsi anche in altri contesti delicati, e prepararsi a dare battaglia. Due in particolare sembrano sfidanti: il G7 dell’11-13 giugno in Cornovaglia e il Consiglio europeo di fine giugno (24 e 25). Il primo appuntamento, ospitato dal premier inglese Boris Johnson nel Sud-Ovest del Regno Unito, servirà a immaginare il rilancio dei Paesi dopo la pandemia e a implementare l’agenda verde. Saranno invitate anche India, Australia e Corea del Sud, che presentano in comune la “concorrenza” con la Cina, segna che anche questo punto entrerà nei dibattiti del vertice. Ma è evidente che le ripercussioni del “caso Russia” – anche dopo la vicenda bielorussa – faranno da cornice all’incontro. Anche perché il giorno dopo la fine del vertice, il 14 giugno, i Grandi sono attesi a Bruxelles per il summit della Nato. E che il 16 giugno a Ginevra si ritroveranno faccia a faccia Joe Biden e Vladimir Putin. Tutto, ovviamente, assume un significato particolare per Draghi e per l’Italia, visto che a ottobre sarà proprio Roma a ospitare il G20. Sempre a Bruxelles, il 24 giugno, il presidente del Consiglio cercherà di far pesare la richiesta italiana sulla riforma dei migranti. Di rilanciarla, visto che è impantanata da ormai sette mesi. Non sarà facile, ed è probabile che una riforma organica non sarà varata neanche entro settembre. Il presidente del Consiglio, però, continua a premere dal punto di vista diplomatico. Prova a costruire un consenso che vada oltre i Paesi mediterranei. E si concentra, in particolare, su Emmanuel Macron: è da questo asse che l’ex banchiere centrale spera di ottenere linfa per garantire almeno risorse europee e sostegno politico dell’Unione verso il governo di Tripoli, in modo da stabilizzare il quadro e mettere ordine nei flussi migratori.
A complicare la missione pesa soprattutto l’imminente campagna elettorale in Germania, che ridimensiona il potere contrattuale di Angela Merkel e rende più complesso un accordo con i Paesi dell’Est dell’Unione, da sempre ostili a un approccio solidale sull’immigrazione. Infine la campagna vaccinale. Ora che i numeri iniziano a essere davvero rilevanti, c’è da imprimere un’ultima accelerazione. Ne va della buona riuscita della stagione turistica e del ritorno alla vita normale, oltre che della messa in sicurezza del Paese dal punto di vista sanitario. C’è da convincere le fasce più giovani della popolazione a immunizzarsi, anche con campagne di comunicazione mirata. L’altro obiettivo è rendere permanente la macchina, anche in vista della terza dose dell’autunno. Alla struttura commissariale il premier chiede pure un’attenzione particolare per le scuole, in modo da farsi trovare pronti alla probabile campagna di copertura dei più piccoli. Da subito per le fasce d’età per cui è stata già autorizzato il vaccino. Molto presto anche per gli altri, visto che il via libera dovrebbe arrivare presto. Insomma, non sarà un’estate normale quella che stiamo per affrontare, e non può esserlo se vogliamo uscire dal lungo autunno del nostro inverno. E Draghi non è l’uomo per tutte le stagioni, ma colui che guida i venti.