L’esempio di Mandela, parlare a tutti oltre le appartenenze

foto Daniele Buffa/Image

“Fai sempre della religione una questione privata, riservata a te stessa. Non importunare gli altri con la tua religione e altre convinzioni personali”. Questa raccomandazione è rivolta a sua figlia da Nelson Mandela. Era in carcere, Mandela, e si rivolgeva a sua figlia sulla base di una convinzione che riassumeva così: “È sempre meglio considerare la relazione tra un individuo e il suo Dio come un affare rigorosamente privato, una questione di fede e non di logica. Nessuno ha il diritto di imporre agli altri ciò in cui devono credere o no”.

Non viveva nella nostra parte di mondo, e quindi non applicava i nostri parametri politici, ma quelli che l’esperienza africana, e il colonialismo occidentale, facevano emergere ai suoi occhi come i preferibili. Questo non toglie, anzi conferma che fosse un uomo di fede, di formazione cristiana, vissuta attraverso l’umanesimo “Ubuntu”. Non a caso è lui stesso che ha dichiarato con estrema chiarezza: “Condividere il sacramento (dell’eucaristia) che fa parte della tradizione della mia chiesa, era importante per me. Mi procurava sollievo e calma interiore. Uscendo dalle funzioni ero un uomo nuovo.”

Questa visione gli ha consentito di provare un’ammirazione profonda per Giovanni Paolo II, della quale tutti sanno, restando se stesso. Lo ha ammirato dopo aver ammirato, per motivi diversi ma attinenti al destino dei loro popoli, Fidel Castro. Oggi il rapporto tra Mandela, Fidel Castro e Giovanni Paolo II suona strano, quasi incomprensibile. Per via delle loro diversità. Perché vorremmo un mondo di uguali, in un senso o nell’altro. E invece nelle loro differenze emergono  anche le loro vicinanze, visto che Mandela disse chiaramente che “le organizzazioni religiose hanno svolto un ruolo fondamentale nel mostrare che cos’era realmente l’apartheid: un’impostura e un’eresia”. E oggi direi che si coglie una stretta correlazione tra Mandela e il magistero di Francesco, visto che per Mandela “la Chiesa con il suo messaggio di perdono ha un ruolo importante da svolgere nella riconciliazione nazionale”.

L’ammirazione di Giovanni Paolo II per Nelson Mandela è nota come quella del grande sudafricano. Lasciando il Sudafrica nel 1995 il papa disse parole che non possono essere equivocate, ma non certo banali: “Tutta l’Africa, anzi tutto il mondo, segue ogni vostro passo, sapendo che ogni conquista lungo il cammino verso una società più giusta, più umana, più degna dei suoi cittadini, è una vittoria di tutti, poiché porta l’ispirazione e la speranza di un simile successo ovunque. Che Dio benedica quanti operano a favore della giustizia e dell’armonia, senza discriminazioni, tra i popoli e le Nazioni dell’Africa!” Parlava certamente di Nelson Mandela.

Questa storia oggi è importante perché supera i nuovi steccati per cui chi non la pensa come me è mio nemico, lo devo disprezzare, sfidare, irridere. No; Giovanni Paolo II e Mandela non avevano idee collimanti su tanti dettagli, ma si sapevano ammirare nelle loro diversità e nelle loro convergenze, nel nome di valori più alti. Non c’è in questa storia di stima e ammirazione una totale identificazione dell’uno nei pensieri dell’altro, come oggi assurdamente si pretende. E’ la devastazione delle diversità che oggi porterebbe tanti identitaristi a mettere all’indice l’uno o l’altro, persi nel loro assolutismo primitivo.

La storia di questa amicizia, di questa ammirazione reciproca, invece ci parla, nel profondo e io non lo collegherei al rapporto, da molti evocato, tra Giovanni Paolo II e Fidel Castro e tra Mandela e Fidel Castro, quanto a quello molto più importante e significativo per l’oggi, e il domani, tra Giovanni Paolo II e Gorbaciov.

Mandela con la sua storia personale, con il suo esempio incredibile, ha saputo parlare agli uomini e alle donne al di là dei confini, delle appartenenze, e questo dovrebbe ricordarci il grande messaggio che l’impegno di Giovanni Paolo II per i popoli d’oltre cortina ha saputo mandare a tutti, oltre i confini delle appartenenze. Io credo che per questo si apprezzassero. L’esempio di Gorbaciov oggi è dimenticato, purtroppo. Ma non dovrebbe essere così. Questi tre esempi rimangono importanti, molto, per tutti, nelle acque scure dell’oggi.