Elezioni e vittorie di Pirro: serve una cura anti-astensionismo

Elezioni astensionismo
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In questi giorni, molti continuano a pensare che il bipolarismo possa resistere a ogni decadimento che il tempo nella sua regola prevede. Ha funzionato anche stavolta: la distribuzione di bonus come balsamo per ogni sofferenza sociale ed economica, l’allertare del rischio fascismo come delegittimazione per l’avversario mosso dalla sinistra e, viceversa, l’accusa di comunismo della destra contro la sinistra… Il gioco è fatto. E intanto si continua a sottovalutare il dramma della crescita dell’astensione dal voto di più della metà degli elettori, compromettendo l’elemento costitutivo della democrazia e dunque la legittimità del sistema dei partiti.

In carenza di questo presupposto, non potremo che aspettarci altri guai per le risorse pubbliche non sempre destinate ai poveri, altre tasse palesi, suggestioni per la ricerca miracolosa della stabilità-governabilità. E invece le realtà culturali di ogni orientamento politico sociale dovrebbero osservare meglio il fenomeno delle urne vuote. Una presenza incombente ma invisibile, muta e perciò inquietante e imprevedibile, che tutti conoscono ma che nessuno nomina, soprattutto i vincitori del momento. In queste ore infatti dovrebbe essere al centro di ogni riflessione, ma lo si esorcizza per allontanare l’incubo dei repentini cambiamenti che si incubano dopo vittorie incapaci di durare dall’incalzare del malessere provocato proprio da promesse prive della possibilità di avverarsi.

Le vittorie celebrate con la maggioranza degli elettori che non votano, si tramutano presto in vittorie di Pirro a causa di mancanza di consenso vasto. Il presupposto essenziale per governare le fasi favorevoli come quelle avverse, è il cuore dell’efficienza del potere democratico. Si sa, la politica è retta da logiche spietate; ignorare una simile grave disfunzione non dà autorevolezza e vigore a chi governa, esposto com’è alla deresponsabilizzazione della metà e più dei cittadini. Per sanare la malattia dell’astensione occorre ripristinare ogni filiera della partecipazione e rappresentanza scavalcata e calpestata negli ambienti sociali e civili nell’ultimo quarto di secolo, fino al ricorso a leggi elettorali che penalizzano l’elettore depotenziato nella scelta del proprio parlamentare.

Ad esempio, ricostruire il tessuto partecipato in ambiti come la scuola con il coinvolgimento dei genitori, delle imprese e delle agenzie della cultura; nella sanità con le associazioni dei malati e dell’assistenza e previdenza così come in altri ambiti delicati dei bisogni e dello sviluppo economico e civile, permetterà alla politica di nutrirsi di persone responsabilizzate, in grado di essere a tutto tondo cittadini della polis. Va ricordato che l’espansione del principio di sussidiarietà verticale in relazione concertativa con la sussidiarietà orizzontale produce un benefico ambito prepolitico che può fornire sentinelle per la buona politica e può ricondurre i partiti allo spirito costituzionale espresso dall’art. 49 della Costituzione, oggi assai disatteso.

Se si dovesse indagare in profondità la natura degli astensionisti, ci accorgeremmo che in buona parte è costituita dal ceto medio. Questa porzione assai importante della società, energia in grado di affrontare sempre con spirito positivo le sfide necessarie in omenti difficili, è assai preoccupata per la condizione generale politica. su di essa si scaricano gli effetti del debito pubblico con sempre maggiori pesi fiscali, e nel contempo con minori servizi. È irritata per un clima che da tempo scoraggia chi risparmia ed intraprende, e non sempre destina sostegni a favore di chi è davvero bisognoso. Dunque una silente protesta a cui dare uno sbocco: priorità nuove, politiche economiche efficaci e responsabili, sviluppo partecipativo dei cittadini.