Per il tradizionale messaggio di fine anno, il 75° della storia repubblicana, il 9° discorso dalla sua permanenza al Quirinale, il Presidente della Repubblica ha ripreso alcune delle grandi questioni che aveva affrontato durante l’intervento in occasione della cerimonia per lo scambio degli auguri con i rappresentati delle istituzioni. Come era prevedibile, la massima carica dello Stato si è soffermata sul tema cruciale dei conflitti armati. Sul sentimento di angoscia provocato dalle devastazioni dell’Ucraina, “invasa dalla Russia, per sottometterla ed annetterla” e dall’“orribile ferocia di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, anziani d’Israele ignobile oltre ogni limite, nella sua disumanità”. Violenza e odio generano guerre ad un passo da noi, nel cuore dell’Europa e sulle vicine rive del Mediterraneo. Il Presidente, con la consueta saggezza, ragiona sulla necessità di costruire una cultura di pace, che “non basta invocare” e che non si può tradurre “in astratto buonismo”, ma occorre declinare in “concreto esercizio di realismo”. La pace, infatti, “non significa neutralità o peggio indifferenza rispetto a ciò che accade, sarebbe ingiusto e anche piuttosto spregevole”, ma l’impegno dei governi per realizzarla secondo l’insegnamento dei nostri Padri costituenti. Il netto ripudio della guerra, contenuto nell’art. 11 Cost., come mezzo di offesa alla libertà degli altri popoli non è scollegato dalla legittima reazione dei popoli aggrediti. La pace giusta si raggiunge ristabilendo la libertà, l’indipendenza e il diritto di esistere degli Stati ingiustamente minacciati.
La violenza – ecco il filo conduttore del ragionamento di Mattarella – si declina anche nella vita quotidiana, nelle espressioni di odio rivolte verso chi la pensa diversamente, nella pessima abitudine, amplificata dai social, di identificare l’avversario come nemico. Un ammonimento per i cattivi esempi che dovrebbero impartire la cultura del rispetto e del confronto, libero dal rancore e dall’intollerante avversione dell’altrui pensiero. L’odio nei confronti delle donne vittime di femminicidio, il cui fenomeno ha assunto proporzioni enormi si può contrastare solo con un cambiamento di mentalità e inculcando ai giovani, con parole semplici, il volto autentico dell’amore che non è possesso e “malinteso orgoglio” ma dono gratuito e sensibilità.
Altra piaga sociale è il lavoro sottopagato e svolto in condizioni precarie e di insicurezza, sia pure in presenza di un significativo aumento dell’occupazione. Desta preoccupazione – prosegue il Presidente – Il disorientamento dei giovani ansiosi per il loro futuro davanti ai repentini cambiamenti climatici e le avversità ambientali sempre più frequenti. I diritti, anche quelli delle generazioni future, garantiti dalla Costituzione italiana preesistono allo Stato e costituiscono patrimonio innato delle persone, anche dei più fragili, anziani, malati, migranti.
L’erompere sullo scenario globale dell’intelligenza artificiale e l’impatto straordinario delle nuove tecnologie sui modelli sociali, culturali e perfino antropologici costituisce l’altro grande tema su cui il messaggio presidenziale si sofferma. Mentre molti hanno paragonato i progressi del digitale alla prima rivoluzione industriale dei primi anni dell’Ottocento, il Presidente della Repubblica sottolinea come si tratti di una transizione di proporzioni di gran lunga più vaste. Del resto, l’I.A. a differenza di ogni crisi destinata prima o poi a chiudersi, non è una vicenda temporanea ma accompagnerà l’esperienza umana per i prossimi decenni e con cui bisogna convivere. In ogni campo si aprono orizzonti di progresso inimmaginabili legati alle applicazioni dell’intelligenza artificiale, nel settore sanitario e nella diagnostica, anche per patologie in cui non vi era una cura o nella transizione ambientale attraverso lo sviluppo ecosostenibile. Ma l’uso sempre più esteso dell’I.A. presenta anche delle incognite legate ai suoi effetti sul mercato del lavoro con l’automazione di attività fino ad oggi venivano affidate agli umani e una sensibile contrazione dell’occupazione e l’esigenza di formare i lavoratori rispetto alle nuove tecnologie. Impensierisce anche la concentrazione delle tecnologie più avanzate in poche grandi multinazionali che possono condizionare la politica, la vita democratica e perfino la sovranità popolare. Con la capacità della tecnologia di utilizzare la rete per modellare a piacimento la realtà, manipolando artatamente dichiarazioni e fatti. Occorre regolamentare l’uso del mondo digitale e dell’IA come hanno fatto le istituzioni europee, in modo che non si dimentichi la riserva di umanità, cioè uno spazio ineliminabile di intervento affidato all’essere umano. Questo fenomeno è tutt’altro che slegato da quello della gigantesca evasione fiscale da parte delle grandi imprese multinazionali che riescono ad eludere gli obblighi fiscali. Infatti, è ancora una volta in gioco la sovranità dei cittadini chiamati all’adempimento del dovere di solidarietà con la contribuzione alla spesa pubblica attraverso il pagamento delle tasse. La relazione tra tasse e democrazia è da sempre strettissima, fin dai tempi della rivoluzione americana del 1773 in cui le tredici Colonie inglesi del Nord – America si ribellarono alle imposizioni fiscali della Corona britannica perché deliberate senza il coinvolgimento dei loro rappresentanti. Dunque, in aperta violazione del principio del “no taxation without representation”, tassello imprescindibile nella costruzione dei sistemi liberal democratici. Perché, sottrarsi agli obblighi fiscali concorre ad aumentare il già vertiginoso debito pubblico italiano e a rallentare lo sviluppo. Il Presidente esorta i giovani ad occuparsi attivamente della vita politica. Partecipare alle scelte della comunità è un diritto, oltre che un dovere, per alimentare costantemente la democrazia, attraverso l’esercizio della libertà di esprimere il proprio punto di vista. Nella prossima primavera le istituzioni europee legittimate dal voto dovranno farsi carico di un robusto programma di riforme per consentire l’allargamento ad Est dell’Unione e rispondere al diritto alla sicurezza che chiedono a gran voce i cittadini europei.
Insomma, nel discorso del Presidente emergono preoccupazioni e speranze per il nuovo anno che si preannuncia ricco di sfide e in cui l’Italia, insieme all’Europa, si troverà a giocare una partita cruciale.