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Ecco perché la Russia ha perso la guerra sul piano storico, politico e morale

Nel 2014 noi europei ci siamo voltati dall’altra parte quando Vladimir Putin si è preso la Crimea. Adesso l’invasione dell’intera Ucraina ha ricordato a uno spirito europeo piuttosto impigrito dal punto di vista morale che la libertà non ci è regalata per sempre: per essa ancora si combatte e si muore. Perfino nel cuore dell’Europa. Perciò l’esempio del popolo ucraino arriva a toccare il cuore di tante persone. E anche l’Occidente ha ritrovato la sua unità superando di slancio le divisioni scavate nel tempo dell’amministrazione Trump.

La guerra è sempre la patria delle bugie, però c’è anche un limite oggettivo: eppure la grande tradizione diplomatica russa, rappresentata dal ministro Sergei Lavrov, si è immiserita al punto di sostenere che “la Russia non ha invaso l’Ucraina” e che “l’ospedale di Mariupol era in realtà una postazione militare”! Di fronte alle atroci immagini di questo conflitto la prepotenza di chi, come Putin e Lavrov, pensa di poter prendere in giro il mondo, fa stringere il cuore. Chiediamoci allora: questa guerra si può veramente risolvere attraverso un negoziato?

Sembra che il presidente ucraino Zelensky sia disposto a trattare sulla neutralità del suo Paese e a discutere delle sorti della Crimea e delle repubbliche del Donbass. Tanto che più d’uno ha pensato che  il negoziato potesse riuscire. Ma la Russia non sembra, almeno per ora, interessata. L’obiettivo di Mosca, ribadito dallo stesso Lavrov al termine dell’incontro con il ministro ucraino Kuleba lo scorso 10 marzo ad Antalya, in Turchia, non è la neutralità: ma la demilitarizzazione dell’Ucraina. Che cosa vuol dire? Che, firmando un accordo del genere, l’Ucraina ipso facto dovrebbe deporre le armi. Dunque l’unica condizione di pace per Putin è la resa dell’Ucraina.

La Russia “punta” tutto sulla vittoria totale. Ed è convinta di poterla raggiungere, anche se finora le operazioni militari non vanno bene. Allora, se la guerra dovesse proseguire a lungo, per via della tenacia della resistenza ucraina, delle due l’una: o si avranno delle condizioni di pace “vere” e dunque la Russia avrà perso, oppure ci si avvierà verso una replica della devastazione siriana. Verso un genocidio. Una parola terribile per gli ucraini, che richiama alla memoria l’Holodomor, la drammatica carestia terroristica causata da Stalin negli anni Trenta, con milioni di morti. In realtà una sorta di “genocidio culturale” è stato già annunciato da Putin quando ha negato alle basi l’identità ucraina e rivendicato l’imposizione a insegnare e parlare la lingua russa. E sarebbe davvero una tragedia se questa ipotesi di genocidio culturale si trasformasse in una scellerata opzione militare. Anche perché questa guerra, in realtà, sul piano storico, politico e morale la Russia l’ha già persa, perché mai come dopo il 24 febbraio Mosca è isolata da tutto il mondo e, come ha ammonito l’agenzia di rating Fitch, si trova dopo le sanzioni sull’orlo del default.

Ma non basta l’isolamento storico, politico, morale. Bisogna impedire che la Russia vinca questa guerra distruggendo l’Ucraina. L’Occidente, finalmente di nuovo unito, deve compiere tre mosse decisive. La prima è di ordine politico e comunicativo. Dopo le aperture al negoziato di Zelensky, nessun leader occidentale lo ha apertamente supportato. Nessuno ha indicato nella neutralità dell’Ucraina, nella discussione su Crimea e Donbass, la base per un accordo. Non parlo di posizioni ufficiali ovviamente, ma della creazione di una “pressione collettiva” intorno a Putin. Non possiamo sperare solo nella Turchia o nella Cina. Dobbiamo scendere in campo anche noi. La seconda mossa è di ordine economico e riguarda soprattutto l’Europa.

Capisco il panico creato dal rischio di rimanere senza gas ma, se oggi non si pone l’interrogativo di “morire per Danzica” come nel 1938, aleggia invece sulla coscienza europea una nuova grande domanda: un nostro termosifone vale più della vita di un bambino ucraino? Perché è proprio questa la posta in gioco, visto che il più grave danno per Mosca sarebbe esattamente quello di rinunciare a pagare quel gas con il quale Putin finanzia la sua sporca guerra. Infine la terza mossa riguarda il terreno militare. E’ comprensibile la reticenza ad intervenire direttamente nel conflitto bellico creando una no-fly-zone ma, al contrario, non ha proprio senso l’incertezza nel fornire agli ucraini gli aerei che chiedono. Abbiamo già fornito loro armi sofisticate e letali. Cosa cambia se aggiungiamo gli aerei?

Si tratta di tre mosse indispensabili. L’Europa sta ritrovando se stessa. Ma tutto sarà stato vano se, alle fine, si ritroverà senza l’Ucraina. Altrimenti dovremo solo sperare in quello che sulla carta appare impossibile: che, nel XXI secolo, Davide torni ancora a battere Golia. In questo caso l’Ucraina avrà vinto anche a nome di tutta l’Europa.

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