“Ci ritroviamo alla vigilia di un Consiglio Europeo che cade in un momento estremamente complesso per le dinamiche globali, e allo stesso tempo decisivo per il destino dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente”. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sull’importanza dell’appuntamento europeo, in programma giovedì e venerdì a Bruxelles, le parole della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, pronunciate durante il suo intervento in Parlamento, rappresentano un vero e proprio punto di riferimento, un faro guida dal quale è necessario partire per provare a decifrare la posta in palio, tanto a livello continentale, fra difesa europea e spesa, quanto interno, con lo stop ad una manovra correttiva, ridando fiducia agli italiani e alle loro finanze.
Certo, per qualcuno i temi centrali del Consiglio sono solo e soltanto il conflitto tra Russia e Ucraina e quello della difesa, ma sarebbe sbagliato, se non addirittura fuorviante, fermarsi a quei due capitoli. Sono uno dei titoli dell’agenda, non l’assoluta priorità dei lavori. E la Meloni fa bene a mettere di fronte a questo aspetto anche le altre cancellerie. Perché sul tavolo, mai come questa volta, c’è molto di più. Per esempio c’è il nodo della competitività, argomento sul quale la premier è stata molto chiara e netta: “Se l’Europa pensa di sopravvivere in questa fase continuando a pretendere di iper-regolamentare tutto invece che liberare le tante energie delle quali dispone, semplicemente non sopravviverà”. E non è affatto un passaggio di poco conto, quello messo in campo dalla Meloni, tanto che il governo italiano intende fare di tutto “per impedire che l’Ue sia soffocata dalle sue stesse regole”. Senza, risorse, senza economia, ma soprattutto, senza un mercato libero da lacci e lacciuoli il vecchio continente corre il rischio di avvitarsi su se stesso, mettendo a rischio famiglie imprese.
Quindi occorre alzare la testa e guardare oltre lo steccato, scrutando l’orizzonte sin dove è possibile. Certo, la crisi ucraina bussa alla porta, e la posizione della Russia è destinata ad essere il convitato di pietra del Consiglio europeo, ma senza il rilancio e il rafforzamento della competitività rischiamo di metterci all’angolo da soli. Quest’ultimo concetto significa, per gli stati nazionali, “potere offrire servizi sociali adeguati e sempre migliori ai cittadini“. E, allargando la prospettiva, vuol dire anche “disporre dei mezzi e delle risorse necessarie non solo a non dipendere da altri, ma anche a potere difendere i nostri valori e la nostra visione a livello internazionale”. In sostanza, quello che tutti dovremmo chiederci è: “Un’Europa desertificata da un punto di industriale e in ritardo della ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e destinata a essere più o meno ascoltata?”, si domanda Meloni. Esercizio, quello della premier, tutt’altro che retorico e per il quale ci attendiamo l’adeguata risposta dei partner europei.
Quanto al tema dei migranti la premier, dopo avere snocciolato i dati ufficiali sui morti e dispersi in mare negli ultimi anni, sottolinea come i numeri indicano che “diminuire le partenze e stroncare il business dei trafficanti è l’unico modo per ridurre il numero dei migranti che perdono la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia e l’Europa” e questo è il “risultato che ci deve rendere più orgogliosi”. Non meno importante risulta anche l’argomento sui dazi. Secondo Meloni non sarebbe saggio cadere nella tentazione delle “rappresaglie che diventano un circolo vizioso nel quale tutti perdono”. Perché se è vero che i dazi imposti sulle merci extra Ue “possono teoricamente favorire la produzione interna, in un contesto fortemente interconnesso come quello delle economie europea e statunitense, il quadro si complica”. Legando questo ragionamento alle dinamiche interne, soprattutto economiche, significativo il fatto che la presidente del Consiglio abbia chiuso la porta alla possibilità di una manovra aggiuntiva, consegnando elementi di ottimismo agli italiani. “La manovra correttiva non è nei radar del Governo, ci sono indicatori che dicono che in una situazione complessa l’Italia va meglio di altri partner, non dobbiamo fare trionfalismo”, afferma la premier. “Penso che dare stabilità al sistema politico sia uno dei migliori lasciti che possiamo dare a questo Paese”.
E solo un Paese che scende dall’altalena può pensare a politiche economiche di ampio respiro, agganciate alle dinamiche internazionali. Difficile non vedere in tutto ciò un richiamo alle vicende americane e alle possibili variazioni economiche. Per cogliere i vantaggi occorre avere le antenne dritte e un quadro stabile. L’appello rivolto alle opposizioni, alle quali la Meloni ha chiesto senso di responsabilità, mai come questa volta è sembrato essere permeato di buonsenso e aderenza alla realtà. Il premierato, invece, “non è una riforma che sto facendo per questo Governo”, serve “a imprese a famiglie”.
Infine il nodo della difesa europea, rispetto agli scenari di crisi. “Nel centrodestra siamo d’accordo” sul “tema di rafforzare la sicurezza e la difesa di questa Nazione, non fosse altro perché l’abbiamo scritto nel nostro programma, lo sanno tutti e quindi la maggioranza su questo è compatta. Sull’esercito unico europeo, ricordo che non è all’ordine del giorno: il sistema difensivo europeo, come quello della Nato è basato su forze nazionali che all’occorrenza si coordinano”, sostiene la premier, delineando il percorso, peraltro noto e condiviso del governo. Quanto all’annuncio della Commissione Ue sullo stanziamento di 800 miliardi per la difesa “è molto roboante rispetto alla realtà e alla natura di quello che viene proposto”, afferma la presidente del Consiglio. “Noi non stiamo parlando di nuove risorse dell’Unione europea” o “di soldi che vengono tolti dagli altri bilanci. Noi parliamo di una cosa completamente diversa. Parliamo della ipotetica possibilità che gli Stati nazionali possano fare maggiore deficit”. E proprio per essere netta la Meloni ha ribadito di non aver “mai detto compriamo più armi per occuparci di più cose. Ho semplicemente detto che per occuparci di difesa non è sufficiente comprare armi: se vogliamo garantire la sicurezza e la difesa di questa nazione, l’acquisto delle armi è l’ultima questione perché oggi il dominio della sicurezza e della difesa è estremamente ampio”. No, non sarà un banale Consiglio europeo…