Stavolta non si tratta di semplice dialettica, o del classico gioco di posizione, fraseggi tipici delle maggioranze atipiche. No, il braccio di ferro sul Mes (i soldi dall’Europa senza penalità ma solo per ristrutturare il sistema sanitario) è molto più di una prova muscolare. Perché questa coalizione Pd-Cinque Stelle (con macchie di sinistra e centro), sulla quale poggia il governo guidato dal premier Giuseppe Conte, sostanzialmente è un’associazione temporanea d’impresa, mirata a stoppare Lega e Fratelli d’Italia. I punti di contrasto sono decisamente superiori a quelli di contatto. Con un forte stridore a far da sottofondo. Sul Mes, ovviamente, ma non solo.
Tra i dossier “in stand by” sulla scrivania del presidente del Consiglio ci sono il decreto Semplificazioni, la cui prima bozza non soddisfa gli alleati, e poi anche la proroga della Cig, i numeri impietosi dei risultati dei navigator, il nuovo provvedimento di luglio, il bonus baby sitter concesso anche ai nonni (“scelta incomprensibile” per Italia Viva di Matteo Renzi). Insomma, quella che abbiamo davanti è una calda estate sul piano politico. A suonare il gong è stato il segretario dem, Nicola Zingaretti, che ha scelto le pagine del Corriere della Sera per avvertire il premier e i pentastellati. “Basta tergiversare, no alla danza immobile delle parole. Oggi possiamo avere le risorse per fare quei grandi investimenti che ci permetteranno di migliorare la qualità di assistenza e cura”.
Il segretario del Pd elenca “10 ragioni concrete per dire sì ai soldi europei senza condizionalità” (ovvero il Mes). Si va dalla ricerca alla digitalizzazione, dal rafforzamento alla medicina del territorio all’adeguamento degli ospedali, passando per un generale incremento degli investimenti. Il tentativo del leader dem è quello di spostare la partita dal terreno ideologico, pieno di sabbie mobili, a uno più pratico, certamente più comprensibile anche per l’elettorato grillino. E’ un tentativo che cade nel vuoto, però. “La posizione del Movimento non cambia”, replica a stretto giro di posta Stefano Patuanelli. Ma a sancire la rottura è Vito Crimi: “Registriamo che alleati di governo insistono sull’adozione del Mes. Vale lo stesso per il Movimento 5 Stelle, che continua a confermare la propria linea: il Mes non è uno strumento idoneo e restiamo contrari. Se debito deve essere”, aggiunge il capo politico pentastellato, “allora meglio che avvenga attraverso lo scostamento di bilancio, che utilizzando uno strumento che riteniamo non solo inidoneo ma pericoloso”.
Il Pd è compatto attorno al segretario, in suo sostegno intervengono sindaci e governatori, mettendo in chiaro cosa i sistemi sanitari locali andrebbero a perdere in caso di un no al Mes. E questo dà forza all’avanzata di Zingaretti anche in vista della trattativa futura. Perché una rottura ora sarebbe un dramma enorme, dal punto di vista elettorale, per Pd e 5 Stelle. I sondaggi, se dovessimo andare alle urne, dicono che sarebbero proprio loro ad essere maggiormente penalizzati. E quindi i due maggiori azionisti della coalizione devono trovare il modo per far digerire al proprio elettorato la scelta del Mes. Del resto la reazione dei pentastellati, al Nazareno, era abbastanza prevista. La replica dei dem è affidata a Michele Bordo: “La posizione del M5S non cambia? Appunto, è esattamente questo il problema. In questi mesi è cambiato tutto, in Europa sono stati messi in campo strumenti mai visti prima e rimanere fermi significa solo essere miopi e irresponsabilmente ideologici”, dice.
Ma ai piani alti sanno che il braccio di ferro durerà a lungo: “Vediamo che succede nei prossimi giorni, non è che la cosa si risolve oggi, lo sapevamo”, spiegano gli uomini vicini al leader. Le aspettative sono tutte rivolte a Conte. Da qui al 15 luglio, quando riferirà alle Camere in vista del Consiglio europeo, il capo del Governo dovrà riuscire in una mediazione che metta al riparo la maggioranza. Impossibile non far votare l’Aula questa volta, serve il mandato del Parlamento per andare a trattare in Europa. I numeri, quindi, soprattutto al Senato, tornano a far paura, visti anche gli ultimi addii nel M5S. La risoluzione di maggioranza potrebbe non affrontare il nodo Mes “perché non è del Mes che si parlerà a Bruxelles”, spiegano gli alleati.
Ma i dubbi e le possibilità di sgambetti parlamentari restano. Conte, martedì 30, dovrebbe riunire a palazzo Chigi i capi delegazione. Per sciogliere gli ultimi nodi sul decreto Semplificazioni in modo da portarlo in Consiglio dei ministri giovedì, certo, ma anche per capire in che modo trovare un punto di caduta sui tanti dossier aperti. Intanto, per usare le parole del premier, “prosegue senza sosta l’azione del governo”. In attesa di capire se lo scoglio del Mes verrà superato o meno. Grazie anche al meccanismo delle geometrie variabili. Sullo fondo si muove l’accordo tra Conte e Berlusconi, in cambio di una maggiore apertura di Fi al governo. Ovviamente il M5S “si opporrebbe”, spiega una fonte pentastellata, aprendo la strada a nuovi scenari. Anche perché gli azzurri, sul Mes, hanno la stessa linea di Pd e Iv: “E’ un’opportunità”, spiega Mariastella Gelmini.