La differenza salariale tra lavoratori e lavoratrici resta una delle priorità più urgenti da risolvere se si vuole dare corpo alle strategie politiche in tema di uguaglianza di genere, a partire dal contesto europeo alle prese con i programmi di riforma nell’ambito del Next Generation Eu. Tutti i paesi, da quelli più virtuosi a quelli dove più marcato risulta il fenomeno, sono chiamati a dare risposte per il superamento di una condizione, acuita ulteriormente dagli effetti della pandemia da Covid-19, che si ripercuote negativamente non solo sulle donne ma anche sulla redditività delle famiglie e di conseguenza sul benessere generale e sull’economia.
L’appuntamento con la Giornata Internazionale della parità retributiva che si celebra il 18 settembre mira a riaccendere i riflettori a livello globale sulla questione e a sollecitare uno sforzo maggiore per raggiungere risultati concreti e misurabili. Secondo le dichiarazioni dell’OIL, in occasione della precedente edizione della Giornata Internazionale, “nonostante il progresso raggiunto in termini di incremento del tasso di attività delle donne nel mercato del lavoro, il divario salariale tra lavoratrice e lavoratore (o divario salariale di genere) continua a persistere, rappresentando una delle principali ingiustizie nel mondo del lavoro.
L’ultimo rapporto mondiale dell’OIL sui salari, conferma che “le donne guadagnano in media circa il 20 per cento in meno rispetto agli uomini a parità di lavoro svolto. Questo spesso accade anche quando i loro livelli d’istruzione sono superiori a quelli delle loro controparti maschili. A livello globale, le donne hanno il 30 % in meno di possibilità di entrare nel mondo del lavoro e meno di un terzo di coloro che lavorano riesce a raggiungere posizioni apicali nell’arco della vita lavorativa”.
A livello europeo i dati li conosciamo, si viaggia in media su differenze che si aggirano sempre intorno al 20%, posizionando l’Italia al 18° posto su 24 paesi. È innegabile che il nostro Paese negli ultimi anni ha raggiunto qualche risultato in termini di riduzione del gap retributivo – nel 2018 la differenza di salario fra uomini e donne (full-time equivalent) era del 10%, nel 2017 era del 10,4% e ancor di più nel 2016 con una forbice del 12,7% – ma c’è ancora molto da fare.
Se guardiamo al settore pubblico lo scarto è minimo (attualmente intorno al 5%), ma se passiamo ad analizzare quello privato ci allineiamo a quella che è la media europea. Occorre accelerare su questo versante, stiamo procedendo troppo a rilento; di questo passo, secondo la Confederazione Europea dei Sindacati (CES), il raggiungimento della parità retributiva tra lavoratori e lavoratrici non ci sarà prima del 2074, un tempo improponibile.
Dobbiamo ricordare, inoltre, che sul tema del gap salariale, come sindacato, abbiamo cercato in questi anni di fare soprattutto opera di sensibilizzazione e, a quanto pare, esiste oggi una maggiore presa di coscienza da parte delle forze politiche. Abbiamo contribuito, inoltre, alla stesura del disegno di legge del CNEL per monitorare meglio i livelli di parità salariale nelle aziende, andando a modificare la norma che obbliga le aziende con più di cento dipendenti ad elaborare un rapporto biennale sulla situazione lavorativa dei propri dipendenti, proponendo che l’obbligo sia esteso anche alle imprese con più di cinquanta dipendenti, ciò per avere un quadro più ampio della situazione nel nostro Paese. Finora questo obbligo è rimasto prevalentemente sulla carta, in molte realtà non è stato possibile anche per scarsa strumentazione da parte del Ministero del lavoro, come ad esempio la mancanza di una banca dati omogenea, tant’è che ogni realtà ha sviluppato negli anni una propria banca dati con criteri diversi tra loro, quindi difficile da leggere e aggregare. Ora esiste un nuovo sistema digitale unico che dovrebbe risolvere questi problemi. Ma questo ovviamente lo vedremo in seguito.
È mancato, inoltre, per quanto ci riguarda, un sistema sanzionatorio efficace e concreto e un sistema di premialità per le imprese che invece hanno rispettato la legge con grande senso di responsabilità. Intanto continuiamo a lavorare su questo versante sollecitando il Parlamento a calendarizzare nei lavori in Aula il disegno di legge in materia recentemente approvato dalla Commissione Lavoro della Camera, testo che accorpa le varie proposte depositate tra cui anche quella del CNEL. Il disegno di legge infatti recepisce i diversi suggerimenti e prevede di modificare il Codice delle pari opportunità in diverse parti. Se si riuscirà ad approvare il testo in tempi brevi, visto che la proposta ha ormai messo d’accordo le diverse sensibilità parlamentari in campo, già a partire dal prossimo anno potremmo avere norme più stringenti in questa direzione, in linea anche con la proposta di Direttiva europea la cui approvazione la Commissaria Von der Leyen ha posto al centro del suo mandato.
Come Coordinamento nazionale donne, auspichiamo che il Parlamento proceda in tempi rapidi all’approvazione e che l’Esecutivo tenga fede agli impegni presi e inseriti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il superamento delle disuguaglianze di genere e la promozione dell’empowerment e del gender mainstreaming. Impegni che intende perseguire anche il G20 che nel summit di ottobre espliciterà nella propria Dichiarazione finale. I tempi sono maturi, non possiamo non cogliere questa grande opportunità.