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I disturbi del comportamento alimentare: sintomo di un malessere più profondo

Con un emendamento dello scorso dicembre lo Stato riconosce i Disturbi del Comportamento Alimentare nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), istituendo il “Fondo per il contrasto dei Disturbi della Nutrizione e della Alimentazione”. Il fondo prevede 15 milioni di euro per il 2022 e 10 milioni per il 2023.

Significa che i DCA costituiscono una vera emergenza per la salute dei cittadini. Si tratta di patologie con le quali si trovano a fare i conti in Italia circa 3 milioni di persone e che costituisce la seconda causa di morte tra i giovani. Negli ultimi 19 mesi si è registrato un aumento del 40% di nuovi casi di DCA, coinvolgendo anche bambini di età inferiore ai 14 anni.

Anoressia, bulimia, binge eating colpiscono giovani e adulti, donne e uomini. Le loro storie sono tutte diverse, ma in tutte è possibile trovare un filo conduttore: la presenza di una grande sofferenza, legata al rapporto con sé stessi e con il mondo fuori da sé. Ansie, insicurezze, fragilità sono elementi di disturbo in un mondo focalizzato sulla prestazione e sul risultato. In una società che corre, ci sei solo se emergi, se nascondi la tua umanità e ti trasformi in un “Superman” capace di controllare tutto ciò che gira intorno a te. Ma, quando ci si trova a fare i conti con il reale, “Superman” rivela tutta la propria inconsistenza. È il momento in cui, fallito il tentativo di controllare tutto, rimane un tentativo di comando su sé stessi e sul cibo, che da amico diventa nemico, da cura si trasforma in veleno, da fonte di piacere può trasformarsi in elemento di grande dolore.

I DCA sono sintomo di un malessere più profondo, che richiede approcci multidisciplinari e in cui non è secondaria l’educazione all’amore per sé stessi. Riconoscere le proprie potenzialità e i propri talenti, infatti, è il primo passo per uscire dal limbo di un sistema che pretende il livellamento degli individui verso un indifferenziato che è l’esatto contrario dell’uguaglianza. Riconoscersi come persone meritevoli di stare nel posto in cui stanno, a prescindere dalle prestazioni e dai punteggi, significa imparare a volere il proprio bene e quello del mondo fuori. Imparare ad accettare la propria fragilità e quel senso di vertigine che essa provoca quando lascia trasparire ciò che sta al di là aiuta a superare una volontà di controllo effimera e inconsistente.

Educare ed educarsi all’esistenza, a “stare fuori” da sé, passa, quindi, dal riconoscimento. Conoscere i sintomi, affrontare la malattia e il disagio che la provoca e di cui è causa, rompere il circolo vizioso è il primo, imprescindibile, passo. Per questo è necessario accedere alle strutture sanitarie specializzate e trattare i DCA per ciò che sono: una patologia.

Non bisogna, però, trascurare la prevenzione. A questo serve la sensibilizzazione. Per questo è necessario coinvolgere la famiglia, che educa la persona, e la scuola, che forma il cittadino. Solo sostituendo il circolo vizioso con un circuito virtuoso, il cui centro è costituito dalle persone e non dai loro risultati, è possibile invertire la rotta.

Pinella Crimì, membro del consiglio direttivo del Forum Nazionale delle famiglie

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