La sera del 9 ottobre 1963, una frana dal monte Toc causò l’esondazione del bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont, al confine tra Friuli e Veneto. L’acqua superò la diga, inondando e distruggendo molte delle case a fondovalle. Interi comuni vennero spazzati via o sommersi dall’acqua. Molte persone, colte nel sonno, persero la vita. Alla fine i morti furono oltre 1.900 (tra cui 487 bambini e adolescenti con meno di 15 anni). Seguirono accesi dibattiti, processi (come sempre accompagnati da copiose quanto inutili campagne mediatiche). Alla fine, emersero pesanti responsabilità dei progettisti e dei dirigenti dell’ente gestore dell’opera che non avevano tenuto conto della non idoneità dei versanti del bacino idrico. A peggiorare la situazione il fatto che, nel corso degli anni, pur essendo a conoscenza della pericolosità dell’opera, poco era stato fatto per evitare il disastro.
Per ricordare quell’evento, nel 2011, venne approvata la legge n.101 che istituiva per il 9 ottobre la Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo. Istituzione Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali (altalex.com)
A quasi sessanta anni dal disastro del Vajont poco è cambiato. Catastrofi naturali e scarsa attenzione per la sicurezza continuano a provocare danni e morti. Secondo il Global Climate Risk Index 2021, che ha analizzato e classificato i paesi e le regioni colpiti dagli impatti di eventi meteorologici estremi (tempeste, inondazioni, ondate di calore, ecc.), l’Italia sarebbe al 35 posto, peraltro con un netto peggioramento rispetto al 2017. Indice globale di rischio climatico 2021 – World | ReliefWeb Per il Centre for Research on the Epidemiology of Disasters – CRED, la situazione è ancora peggiore. Secondo i dati del rapporto di Munich Re, “Il quadro delle catastrofi naturali per la prima metà del 2022 è dominato dalle catastrofi meteorologiche. Negli Stati Uniti d’America, i tornado hanno causato miliardi di dollari di danni. In Australia, parti della costa orientale sono state sommerse da inondazioni. E in Europa la lotta con il caldo estremo, gli incendi e la siccità ha raggiunto livelli preoccupanti”. Facilmente immaginabili le conseguenze. Solo nella prima metà del 2022, almeno 4.300 persone, uomini, donne e bambini, hanno perso la vita a causa di questi disastri. Più che negli anni precedenti. Eppure, come in passato, sarebbe stato possibile evitare molte di queste morti.
Quanto ai danni materiali le stime parlano di 65 miliardi di dollari in solo sei mesi. In Giappone, nel 2022, un terremoto di magnitudo 7,3 della scala Richter ha colpito l’isola di Honshu provocando danni per 8,8 miliardi di dollari (l’epicentro è stato individuato non lontano dal luogo in cui si verificò il terremoto che scatenò lo tsunami che raggiunse la centrale nucleare di Fukushima, nel 2011). In Italia, uno studio del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha mostrato come, dal 1968 al 2014, sono stati spesi circa 120 miliardi di euro per la ricostruzione post terremoti. Ma secondo lo stesso studio, per evitare questi danni sarebbe bastato investire in precedenza 94 miliardi per mettere al sicuro gli edifici con adeguamenti antisismici. Di molti di questi disastri si parla poco. E raramente si analizzano le cause che li hanno prodotti.
Disastri causati dal saccheggio delle risorse naturali da parte dell’uomo. Oppure dovuti alla cattiva gestione del territorio: spesso le montagne cedono a causa dei disboscamenti selvaggi, le città vengono inondate da fiumi di fango anche a causa della cementificazione selvaggia che nessuno si è preso la briga di fermare e i fiumi esondano dagli argini e allagano vaste aree di territorio perché nessuno si è curato di ripulire i fondali e rimuovere gli oggetti che impediscono il deflusso sotto i ponti. Tanti gli esempi di “incuria”, di malgoverno e di cattiva gestione del territorio che avrebbero potuto evitare disastri “ambientali”. Esempi di scarsa attenzione per quella che dovrebbe essere una “risorsa” e che, invece, viene considerata tale solo quando serve a produrre ricchezza (terreni edificabili, dighe sui fiumi per centrali idroelettriche, coltivazioni intensive e altro). Mai per prendersene cura (rimuovere il limo sui fondali dei fiumi) o per realizzare tutte quelle azioni che servirebbero a fronteggiare eventi sempre più violenti. Già, anche questo non è un mistero. Inutile fingere di essere sorpresi dopo giorni di precipitazioni intense come mai prima: sono gli effetti di quei cambiamenti climatici che alcuni continuano a negare. Il punto non è più “chi” o “cosa” ha causato questi cambiamenti: è prendere atto che sono sempre più frequenti e più violenti. E che sono necessarie misure radicali per prevenire questi disastri “naturali” (anche se spesso causati dall’uomo).
Tragedie come quella del Vajont. O come il disastro industriale di Viareggio: nella notte tra il 29 e il 30 Giugno 2009, il treno Trecate-Gricignano deragliò in stazione. L’esplosione del GPL di cui erano cariche le cisterne sui vagoni causò il crollo di parte delle abitazioni. Gli incendi causarono decine di morti e feriti gravi. O come, più di recente, il crollo del ponte Morandi, a Genova. Anche qui, decine i morti e danni per miliardi di euro. E anche in questo caso tante polemiche sulla presunta cattiva progettazione o realizzazione dell’opera o sulla cattiva gestione da parte dell’ente incaricato. Quesiti che non hanno ancora ricevuto tutte le risposte che sarebbe stato lecito attendersi. L’unica certezza è che, in questo come in molti altri casi, si tratta di un disastro “annunciato”. Un “disastro” che sarebbe stato possibile evitare.
Il 9 ottobre, la Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali è un’occasione per onorare le migliaia di persone che hanno perso la vita. Ma anche per ricordare a tutti, a cominciare dalle autorità, che è necessario fare tutto ciò che è possibile per evitare che questi disastri possano ripetersi. Specie quando, come nella maggior parte dei casi, questi disastri “ambientali” sono tutt’altro che “naturali”.