La Costituzione, pur non avendo contemplato uno statuto per i tempi di crisi, dimostra di saper guardare lontano. Dinanzi allāerompere di situazioni di crisi eccezionali, come quella che stiamo vivendo, lāordinamento repubblicano non mostra nervi scoperti. Anzi, la sensibilitĆ mostrata dal Costituente si coglie nellāaver delineato una disciplina che si sforza di raggiungere il punto di equilibrio tra velocitĆ della decisione e coinvolgimento delle Assemblee rappresentative. Il ruolo del Parlamento rimane, comunque, centrale. Non vi ĆØ traccia in Costituzione di norme a favore di un rafforzamento del potere esecutivo senza lāintervento delle Camere, neanche dinanzi a situazioni emergenziali.
La Costituzione non ha regolato lo stato di emergenza con una clausola generale, piuttosto ha immaginato come risposta efficace al verificarsi di casi eccezionali lāistituto del decreto – legge. I Costituenti mossero dalla convinzione che lo stato di necessitĆ non potesse essere trascurato. La Carta predispone una disciplina dettagliata della funzione normativa del Governo. Una disposizione, quella contenuta nellāart.77, che individua con chiarezza gli organi competenti, i presupposti e le procedure richieste per lāadozione dei decreti – legge. Infatti, i provvedimenti provvisori con forza di legge possono adottarsi solo nei casi straordinari di necessitĆ e di urgenza.
Situazioni che impongono allāesecutivo di intervenire con immediatezza e per i quali non ĆØ possibile attendere i tempi lunghi del Parlamento. I decreti -legge devono essere convertiti in legge dalle Camere entro sessanta giorni, in caso contrario perdono efficacia fin dallāinizio.
Durante i Lavori preparatori emerse chiara la consapevolezza della difficoltĆ di catalogare le situazioni straordinarie che possono insorgere nelle forme piĆ¹ variegate. Si preferƬ una formula generale ed elastica, assecondando la natura del decreto-legge di fonte servente ad eventi eccezionali. Cionondimeno, a partire dagli anni Settanta la decretazione dāurgenza ha subito una profonda trasformazione, allontanandosi dal modello costituzionale. Un uso frequente alla decretazione dāurgenza basato su una lettura molto estensiva dei presupposti costituzionali.
Tuttavia, anche dinanzi ad uno snaturamento della natura originaria del decreto ā legge, divenuto nel tempo uno strumento ordinario di normazione, permane pur sempre lāautentico decreto – legge, nato esclusivamente per fronteggiare eventi emergenziali.
Il tema della compatibilitĆ delle fonti emergenziali al quadro costituzionale si ĆØ posto proprio in relazione alle fonti che sono state adottate per far fronte alla crisi pandemica. Il Consiglio dei ministri delibera lo stato di emergenza nazionale il 31 gennaio 2020, poi prorogato per 12 mesi.
La dichiarazione dello stato di emergenza trova i suoi presupposti giustificativi, in primo luogo, nel documento adottato il 30 gennaio dallāOMS, che dichiara il focolaio internazionale da Sars – Cov ā 2 āunāemergenza di sanitĆ pubblica di rilevanza internazionaleā. In secondo luogo, nellāaumento esponenziale dei contagi che si sono registrati sul territorio nazionale.
Alla dichiarazione dello stato emergenziale ha fatto seguito una numerosissima catena di atti normativi al fine calibrare ogni singola decisione alle indicazioni provenienti dal Comitato tecnico scientifico. Tuttavia, lāadozione alluvionale di provvedimenti, soprattutto durante la c.d. seconda fase del contagio, ha rischiato di produrre confusione, incertezze e anche difficoltĆ interpretative delle norme che impongono ai cittadini comportamenti e relative sanzioni per i trasgressori.
I decreti ā legge emanati durante la pandemia da Covid costituiscono presupposto di legittimazione dei provvedimenti amministrativi per far fronte allāemergenza, inaugurando la stagione degli oramai famosi Dpcm. I decreti ā legge hanno stabilito di dare attuazione ad una serie di misure per gestire lāemergenza sanitaria āattraverso uno o piĆ¹ decreti del Presidente del Consiglioā. Il Dpcm ĆØ un atto monocratico del Presidente del Consiglio.
Una inusuale tecnica di produzione normativa, quella messa a punto ai tempi del Coronavirus, che sconta una marginalizzazione del ruolo delle Camere. Camere fortemente indebolite, fra lāaltro, dalle numerose assenze dei parlamentari contagiati dal virus. Le prescrizioni contenute nei Dpcm devono essere adeguate, proporzionate alla diffusione del virus e limitate nel tempo. Anche in un contesto emergenziale di estrema gravitĆ , la tutela della salute deve, comunque, avvenire nel rispetto dei principi costituzionali. CiĆ² allo scopo di evitare che la disciplina di contrasto alla crisi pandemica possa comportare uno svuotamento progressivo delle libertĆ costituzionali. Restrizioni delle libertĆ fondamentali devono avvenire sempre sotto il controllo stretto del Parlamento. CiĆ² per evitare torsioni del parlamentarismo verso un accentramento di potere nellāautoritĆ governativa.
La crisi pandemia ha agito da potente amplificatore delle diseguaglianze sociali, aumentando le differenze tra categorie garantite e lavoratori ānon garantitiā. Il diritto alla salute va bilanciato, trovando un punto di equilibrio con il diritto al lavoro, al commercio, alla produzione.Ā La Corte Costituzionale ha parlato di āun ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzioneā, in particolare alla salute e alle libertĆ economiche. Tutti āi diritti fondamentali si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non ĆØ possibile, individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altriā. In caso contrario, āsi verificherebbe lāillimitata espansione di uno dei diritti che diverrebbe ātirannoā nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e che costituiscono, nel loro insieme espressione della dignitĆ della personaā.
La seconda ondata del virus rischia di creare profonde fratture sociali tra chi puĆ² contare su uno stipendio sicuro e chi ĆØ costretto a chiudere la propria attivitĆ , forse per sempre. Bisogna porvi rimedio, in fretta.