Oggi, dopo l’esperienza della tragica pandemia, il diritto alla conoscenza non potrà dirsi pienamente realizzato se risulta slegato dalle opportunità digitali. La tecnologia sta impattando in maniera prepotente nella relazione tra sistema istituzionale e cittadini, grazie alla infinità di notizie che sono reperibili tramite la rete e che concorrono ad una nuova consapevolezza economica, sociale e culturale degli utenti. Il patrimonio pubblico informativo realizzato in versione open data e dunque con la possibilità immediata di fruizione da parte di tutti supera le divisioni tra pubblico e privato. Perché si possano realizzare la partecipazione e il controllo sociale diffuso della comunità di cittadini sull’operato dei governanti occorre creare un robusto sistema di digitalizzazione in cui inserire i dati in possesso delle amministrazioni pubbliche.
Lo spazio digitale mette il decisore pubblico dinanzi a nuove sfide connesse al riconoscimento e alla regolamentazione dei diritti digitali. Le situazioni giuridiche soggettive legate ad internet non trovano ancora una esplicita collocazione tra i diritti costituzionali. Del resto, il fenomeno internet, per le sue caratteristiche e per la sua vocazione “sconfinata” capace di superare i confini degli Stati, sfugge ad una precisa collocazione nella dimensione statale.
In Italia vigono le norme dettate dall’Unione Europea e in particolare il Regolamento UE 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015, in cui si stabiliscono misure riguardanti l’accesso a internet come servizio di carattere universale.
Da un decennio l’attenzione di alcuni studiosi italiani, fra i più lungimiranti, è rivolta all’introduzione di un diritto ad Internet, volto ad assicurare a tutti i cittadini la possibilità di esercitare nel web i diritti della personalità: dalla libertà di espressione al diritto allo studio, dallo smart working alla libertà di iniziativa economica privata, fino ai diritti di partecipazione politica.
Il diritto alla rete deve essere riformulato come un vero e proprio diritto sociale che esige l’impegno delle istituzioni rivolto a rimuovere gli ostacoli per la più ampia fruizione alla connessione veloce. Sono state presentate diverse proposte di modifica della Costituzione per la previsione di una norma sul diritto sociale alla rete, per garantire a tutti l’eguale diritto di accedere alla rete internet in condizioni di parità e con modalità tecnologicamente adeguate.
Tale importante traguardo costituzionale può trovare realizzazione inserendo tra i principi fondamentali il diritto alla rete. Con l’introduzione di una specifica norma per contemplare il compito delle istituzioni di promozione delle condizioni che rendono effettiva l’accessibilità al digitale in tutto il territorio nazionale.
Internet si è affermato come luogo “virtuale” in cui si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale. L’uso delle piattaforme digitali per svolgere riunioni, incontri di lavoro, seminari e lezioni ha consentito un considerevole risparmio in termini di tempo e di denaro. Interazioni professionali vengono realizzati facilmente, tramite uno schermo di computer, senza necessità di percorrere centinaia di chilometri. Il collegamento telematico dalla propria abitazione o dal proprio ufficio consente di svolgere l’attività lavorativa evitando di prendere un aereo per recarsi in un’altra parte del mondo, per una riunione che magari si conclude in poche ore. Un formidabile strumento per conciliare il lavoro e la famiglia, soprattutto in presenza di bimbi in tenera età.
Sicché, l’accesso al collegamento digitale costituisce un profilo prezioso per lo svolgimento della personalità umana e si ricongiunge con il principio di eguaglianza sostanziale sancito nell’art. 3, 2° co. della Costituzione. Laddove alla Repubblica, in tutte le sue articolazioni Stato, Regioni ed enti territoriali minori, viene affidato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto, l’eguaglianza dei cittadini, impediscono l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’esperienza del confinamento forzato imposto dall’emergenza sanitaria ha evidenziato le criticità derivanti dal c.d. “digital divise”, con una parte rilevante della popolazione che non ha avuto accesso ad internet o che ne ha fruito in maniera molto ridotta. La scarsa alfabetizzazione digitale di una parte della popolazione e l’assenza di infrastrutture tecnologiche all’altezza della sfida emergenziale ha creato pesanti disparità di trattamento soprattutto tra gli studenti. Alcuni di loro non sono stati in grado di seguire regolarmente la scuola realizzata in modalità di Didattica a Distanza (c.d. Dad).
La pandemia ha messo le nostre società dinanzi a cambiamenti profondi e irreversibili, dinanzi ai quali lo sviluppo digitale costituisce un banco di prova per le istituzioni, con l’impegno di rendere effettivo il diritto ad internet, affinché tutti abbiano la stessa possibilità di accesso alla rete, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate.