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Ecco perché non si può prescindere dal dialogo tra le religioni

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Il dialogo come missione di civiltà. E vocazione universale dei credenti. Papa Francesco lo insegna anche attraverso il suo pellegrinaggio di pace in Bahrain. Afferma il Pontefice: “Le religioni sono chiamate a farsi veicolo di pace e mai di odio”. Perché “in nome di Dio bisogna portare sempre e solo l’amore“. Per “offrire a tutta la società dei segni eloquenti di una nuova era”. In cui “i popoli non alzeranno più la spada l’uno contro l’altro”. Un leader religioso, secondo Jorge Mario Bergoglio, è sempre uomo o donna di pace. Il comandamento della pace, infatti, è “inscritto nel profondo delle tradizioni religiose che rappresentiamo”. E’ cara a Francesco l’immagine dell’albero della vita. Ricco di rami di diverse dimensioni che “col tempo sviluppano folte chiome. Accrescendone l’altezza e l’ampiezza”.Fondamentale per la pace nel mondo è la relazione con i credenti dell’Islam. Per sostenere il dialogo è indispensabile la formazione adeguata degli interlocutori. In questo complesso ma possibile dialogo si inseriscono anche i non cristiani. Si comprende meglio perché Francesco ha aggiunto un importante punto nella sua visione ecumenica. Che già era stato comunque accennato da Giovanni XXIII nel suo discorso Gaudet Mater Ecclesia all’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962). All’epoca, papa Angelo Giuseppe Roncalli aveva affermato che gli errori non andavano più combattuti con le armi della forza. Ma risanati con la medicina della misericordia. Ritorna ancora l’architrave della Chiesa, la misericordia. L’ecumenismo sarà sempre possibile e questa medicina deve essere prescritta e assunta. Dato che Dio è tutto in tutti. Una interpretazione profetica che delinea le nuove sfide e fatiche del dialogo con le religioni e culture del mondo intero. Un percorso documentato dal cardinale Walter Kasper nel saggio “Un cuore solo. Papa Francesco e l’unità della Chiesa” (Edizioni Terrasanta).Non vi può essere convivenza umana senza un ethos mondiale delle nazioni, secondo il teologo Hans Kung. Non vi può essere pace tra le nazioni senza la pace tra le religioni. Non vi può essere pace tra le religioni senza il dialogo tra le religioni. Papa Francesco testimonia quanto sia necessario perseguire una reale fratellanza. Basata sulla comune origine da Dio. Esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Perciò il Santo Padre esorta tutti i fedeli a rispondere “con un rinnovamento sia di mentalità sia di condotta“. Un dialogo che “siamo invitati a realizzare alla maniera di Gesù, mite e umile di cuore (cfr Mt 11,29)”. Con “un amore fervente e disinteressato. Senza calcoli e senza limiti. Nel rispetto della libertà delle persone”. La fede, infatti, porta il credente a “vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare”. Il dialogo tra le religioni come antidoto all’estremismo, dunque. Nel richiamo ad affrontare “le discordie, le divergenze e i conflitti non in modo aggressivo. Senza pregiudizi. E con intenzioni pacifiche. Al fine di trovare punti di convergenza accettabili da tutti”, raccomanda Jorge Mario Bergoglio Francesco è espressione di una Chiesa aperta, che esce da se stessa, si china sui poveri. Si spalanca al mondo e all’umanità. Sentendosene parte e sapendo di condividere la sua sorte. E di avere contratto, in Cristo, un debito di servizio nei suoi confronti. Anche tale vivo e pressante afflato, che emerge da ogni parola e ogni gesto del papa, ci riporta al Concilio .E in particolare alla “Gaudium et Spes” che costantemente sollecita la Chiesa ad aprirsi al mondo. Non per perdere la sua identità, ma appunto per trovarla. La Chiesa, infatti, esiste per la missione. E la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo non è altra cosa rispetto a quella dogmatica sulla Chiesa. Ne è invece la naturale prosecuzione e il compimento. Essa indica alla Chiesa la via della solidarietà con il genere umano. Solo così la barca di Pietro può adempiere al mandato di Cristo. La carità deve animare la Chiesa al suo interno. E la rende sacramento di salvezza. La deve spingere anche verso l’esterno. In modo da trasmettere ciò che ha ricevuto e la costituisce. E assicurandone l’unità negli intenti e nella prassi.L’intero pontificato di Francesco è un monito a testimoniare insieme “il Dio della misericordia e della giustizia, che ama e si prende cura delle persone. Secondo il Pontefice  possiamo farlo come credenti attingendo dal patrimonio spirituale che in parte condividiamo. E che “abbiamo la responsabilità di custodire e approfondire”. Occorre lavorare insieme “per cercare di contrastare le tendenze negative del terzo millennio globalizzato. In primis l’idolatria dell’io e del denaro. L’individualismo esasperato. La cultura dell’indifferenza e dello scarto.

Giacomo Galeazzi: