Nelle ultime settimane si sono diffuse delle leggende riguardanti un fiume di liquidità che gli stati esteri erogherebbero a privati e imprese per fronteggiare la crisi innescata dalla pandemia in corso.
Da una parte ci sono i fautori dell’helicopter money che vorrebbero la stampa ex nihilo di moneta da trasferire a ogni persona e ogni azienda come fa Trump, non è vero poiché i trasferimenti saranno effettuati allargando il deficit federale che poi andrà rifinanziato, dall’altra quelli del “facciamo come la Svizzera dove compilando un modulo ti danno fino a 500’000 chf direttamente sul conto”, non è esattamente vero neppure questo perché si parla di finanziamenti chirografari a 5 anni a tasso zero (che significa con uno spread pari allo 0.75% sul tasso di riferimento della BNS), ma pochi che si pongano veramente il problema di come rifinanziare l’economia.
Il modello che si è scelto, credibilmente non basandosi sulla retorica del socio di maggioranza del Governo, il M5S, che vede le banche come depositarie del male, è quello, simile a quanto adottato in altri stati, della garanzia statale a finanziamenti agevolati da parte del sistema bancario.
Per quanto si possa essere critici con le politiche del governo Conte dal lato del sostegno alle imprese non si può negare che la strada scelta sia quella corretta, tramite garanzie al credito, e non tramite elargizioni a fondo perduto che comporterebbero necessariamente un forte rischio legato all’azzardo morale.
Il finanziamento, quindi, è previsto a rientro, se pur con garanzia pubblica e tassi agevolati, ed erogato dal sistema bancario senza toccare né la liquidità propriamente detta (a livello monetario si amplierebbe il circolante M3 facendo leva sul moltiplicatore del credito) né il deficit statale. Ma vediamo cosa è stato previsto.
Come già detto non è prevista alcuna erogazione diretta da parte delle casse statali ma una società controllata, SACE spa, specializzata nel settore assicurativo e finanziario rilascerà garanzie al sistema fino ad un ammontare complessivo di 200mld di euro per permettere alle aziende italiane un accesso più vantaggioso al credito. L’erogazione di questi finanziamenti, da 25.000 a 5mln di euro, è subordinata a determinati paletti imposti dal decreto e dal merito creditizio di ogni singolo richiedente. Questo è un punto che, sicuramente, farà storcere più di un naso perché, come è palese, diverse aziende resteranno escluse da queste erogazioni.
Il problema nasce dall’anomalia tutta italiana della strutturale sottocapitalizzazione delle PMI che riduce non di poco il merito di credito, obbligando spesso gli imprenditori stessi e i soci ad accendere delle fideiussioni ad hoc a garanzia dei fidi di lavoro che sono necessari per supplire alla mancanza di mezzi propri per portare avanti l’attività.
Questa dipendenza dal settore bancario va a ridurre gli spazi per nuove linee di credito per non uscire dai parametri di solidità che sono imposti al settore bancario che, se servisse ricordarlo, non lavora con soldi propri ma rialloca le risorse depositate dalla clientela verso impieghi redditizi a copertura dei costi di struttura e per la creazione di valore da redistribuire a tutti gli stakeholders (in cui i clienti sono, ovviamente, compresi).
Da qui il DL 8 aprile no. 23, c.d. Decreto Liquidità, va a fissare dei paletti nell’erogazione dei prestiti, per quanto garantiti dallo stato, in maniera da evitare dei contraccolpi a livello di solidità degli attivi bancari, considerato lo sforzo da parte di tutto il sistema degli ultimi anni per ripulire i bilanci di tutti i crediti deteriorati e scongiurare future crisi simili a quelle vissute solo poco tempo fa con il crac di diversi istituti.
L’esecutività della norma viene, quindi, demandata direttamente ad ABI che ha emanato una circolare attuativa indicando come gli associati debbano agire sia istituendo una prassi per agevolare l’istruttoria sia declinando al meglio i caveat necessari per stabilire chi possa accedere ai finanziamenti e chi no.
Fondamentalmente il percorso di erogazione del credito si compone di quattro passaggi:
- richiesta da parte del cliente bancario al suo istituto;
- inoltro della domanda di garanzia a SACE da parte della banca;
- ricezione della risposta di SACE;
- erogazione del finanziamento.
A monte, però, resta un’istruttoria da parte della banca che dovrà escludere dalla possibilità di richiesta le aziende che:
- al 31 dicembre 2019, non siano state classificate nella categoria delle imprese in difficoltà, secondo la definizione comunitaria;
- al 29 febbraio 2020, non abbiano nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate (i c.d. NPE);
- per le PMI, inoltre, deve essere prima esaurito il plafond disponibile del Fondo di Garanzia per le PMI.
Inoltre le aziende richiedenti devono impegnarsi a:
- non approvare la distribuzione di dividendi o operazioni di buyback azionario nel 2020 sia per sé sia per ogni altra impresa che faccia parte del medesimo gruppo di appartenenza;
- gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali.
Come si vede si tratta di punti, si può ben dire, di buon senso e a garanzia della corretta erogazione dei finanziamenti che non vadano a creare automaticamente delle posizioni deteriorate ovvero che non si ricorra a questi per mere ragioni di remunerazione dei soci; l’obiettivo vero è che questi vadano a sostenere le esigenze produttive e di stabilizzazione della liquidità per investimenti e a garanzia della continuità aziendale, salvaguardando, così, livelli occupazionali e futura redditività dell’azienda.
Sulla carta, quindi, un gioco win win per tutti, per lo stato che può sostenere l’economia e i redditi senza dover erogare fondi a deficit ma solo ponendo delle garanzie, per il settore bancario che ha l’opportunità di allargare gli attivi e incrementare i margini con garanzia certa, escludendo posizioni già a rischio che potrebbero con elevata probabilità creare nuovi problemi futuri a livello di solidità patrimoniale, e per le imprese che hanno l’opportunità di ottenere liquidità fresca a condizioni assai agevolate. Questo ultimo punto è particolarmente importante… perché condizioni agevolate e non tassi nulli o negativi, come tanti vorrebbero?
I tassi negativi, partiamo da qui, non sono praticabili una diretta previsione di legge, infatti il Codice Civile indica che chi riceva un finanziamento, come nel caso del mutuo regolato dagli artt. 1813 e ss, si obblighi a risarcire il capitale ricevuto secondo le modalità contrattuali, questo implica che se pur si riconosca la possibilità di concessione a titolo gratuito, non praticabile per fosse anche solo per mere questioni di bilancio degli istituti bancari che in caso di mancato ripristino del capitale concesso a titolo di prestito obbligano alla creazione di riserve ad hoc, non si preveda la possibilità di concedere sconti dovuti all’applicazione di tassi negativi per via della natura stessa dell’obbligazione sorta con il contratto di finanziamento anche se la questione è ancora dibattuta.
La situazione di emergenza, però, ha spinto ABI a indicare nelle linee guida la minimizzazione delle commissioni di incasso e di istruttoria, che devono solo coprire i costi vivi sostenuti dall’istituto, e l’indicazione che il tasso debba essere obbligatoriamente inferiore a quello che sarebbe stato richiesto in assenza di garanzia.
In più la circolare indica esplicitamente che “il rilascio della garanzia è automatico e gratuito, senza alcuna valutazione da parte del Fondo. La Banca potrà pertanto erogare il finanziamento con la sola verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l’esito dell’istruttoria del gestore del Fondo medesimo», questo al fine di velocizzare il più possibile la pratica, ma che «Il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa beneficiaria” per eliminare alla fonte il rischio di azzardo morale da parte dell’azienda beneficiaria, creando, così, un quadro normativo certo e piuttosto chiaro a cui gli istituti di credito potranno appellarsi per gestire le richieste che perverranno da parte del tessuto produttivo del Paese.
In definitiva il provvedimento del governo, intermediato dall’Associazione delle Banche, pone un tassello importante per il sostegno dell’economia italiana che sta subendo pesantemente le conseguenze dell’epidemia in corso e delle misure adottate per il suo conseguimento ma, a voler essere onesti, potrebbe non essere sufficiente (e sicuramente non lo sarà) se non supportato da altre iniziative, soprattutto a livello fiscale come spesso si è ricordato su queste pagine, a supporto della ripartenza e della crescita economica strutturale di tutto il sistema Italia.