Negli ultimi decenni, stiamo osservando l’emergere di fenomeni che ostacolano lo sviluppo economico sostenibile a livello globale. La disinformazione ambientale è in aumento, la sindrome del Nimby (Not In My Back Yard) causa danni alle comunità, e l’ambientalismo ideologico si oppone apertamente alla scienza, all’innovazione tecnologica e all’economia responsabile. Questi problemi condividono l’idea che la natura e l’uomo siano entità separate, accompagnata da una visione catastrofica del futuro. Papa Francesco, nella sua enciclica “Laudato sì”, sottolinea l’importanza di un’ecologia integrale con un’adeguata antropologia.
All’interno di un noto movimento che ha mobilitato molti giovani sulle questioni ambientali, è nato nel Regno Unito un gruppo che sostiene che una delle misure più efficaci per ridurre le emissioni di CO2 sia smettere di avere figli. Un’idea simile si è diffusa negli Stati Uniti. Inoltre, una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione di qualche anno fa promuoveva una forma di biocentrismo, affermando che l’uomo è solo uno dei tanti organismi viventi e che la natura è ciò che conta.
E’ chiaro che la protezione della biodiversità e dell’ambiente può essere realizzata solo attraverso una relazione positiva e stretta tra l’uomo e la natura. Le attività legate alla produzione di energia, ai trasporti, all’industria, all’agricoltura e alla gestione dei rifiuti devono migliorare e innovarsi seguendo un modello economico sostenibile e responsabile, come l’economia circolare, e puntando sulla neutralità tecnologica per la decarbonizzazione.
L’idea che l’ambiente debba rimanere intatto senza l’intervento umano è un errore. Senza la cura e la gestione dell’uomo, la Terra diventerebbe invivibile. È quindi necessaria un’azione positiva da parte dell’uomo e una visione culturale che eviti l’approccio ideologico e dell’ambientalismo catastrofista o negazionista.