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Dalle crisi nascono opportunità

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Esiste una leggenda mediatica che dice che l’ideogramma cinese che esprima il concetto di “crisi” sia composto dai segni che rappresentino i concetti di “pericolo” e “opportunità”, in realtà le sillabe che compongono la parola “weiji” indicano “pericolo” con “wei” e “momento cruciale” con “ji” cosa che l’accomuna, per significato, anche al termine italiano che deriva dal greco “κρίσις” che significa “decisione” cioè sì un momento difficile, di cui se ne farebbe volentieri a meno, che comporta la necessità di una scelta, di una decisione forte che potrebbe modificare il futuro.

Ecco, quindi, che appare l’opportunità, quella che la leggenda legava al significato del termine cinese ma che, alla fine, è una conseguenza del momento difficile che si sta vivendo e delle scelte che questo comporta.

L’emergenza legata al contagio da Covid-19, che rappresenta veramente un momento di crisi a livello planetario, potrebbe veramente diventare un’opportunità per domani quando questo periodo difficile e tumultuoso sia, definitivamente, lasciato alle spalle.

La necessità di ridurre al minimo gli spostamenti e l’isolamento a cui l’emergenza contagio sta spingendo la popolazione sta mostrando che un diverso modello di lavoro e di società possa essere possibile e apportare in poco tempo dei risultati positivi in molti campi.

L’estensione del lavoro agile, quello smart working che fu introdotto dai grandi del settore IT, o il decentramento degli uffici sfruttando i mezzi tecnologici di comunicazione che oggi sono disponibili per limitare viaggi di lavoro e trasferte permette da un lato di migliorare quell’equilibrio tra vita lavorativa e privata (che in gergo è indicato dal termine work-life balance) che è diventato sempre più difficile mantenere e dall’altro contribuire alla diminuzione dell’inquinamento riportando la qualità dell’aria a livelli non dico ottimali ma estremamente migliori rispetto a solo qualche mese fa.

I report di Arpa, su quest’ultimo argomento, parlano chiaro. Solo a gennaio i livelli di inquinanti e di poveri sottili sono stati oltre il livelli di guardia per 22 giorni sui 31 del mese; oggi, con le misure prese per contrastare il coronavirus nella maggior parte della regione la concentrazione di questi è ai minimi e, comunque, in tutte le zone l’aria è tornata ad essere almeno di buona qualità.

La limitazione degli spostamenti, poi, permetterà alla gente di ritagliare dei momenti più ampi per se stessi e per la famiglia, consentendo di rafforzare i legami e godere maggiormente del tempo libero, cosa che, in prospettiva, potrebbe anche aumentare la produttività sul lavoro sensibilmente, come mostrano tutti i modelli esistenti in materia.

L’obiettivo a breve termine resta sicuramente il contenimento dei contagi e la sconfitta di una malattia che si sta mostrando più invasiva e pericolosa di quanto si pensasse in principio e rafforzare i presidi sanitari per evitare assistere oggi chi sia stato infettato e prevenire futuri rischi dati da nuovi agenti patogeni ma non sarebbe, a mio avviso, corretto non sfruttare questa crisi per ripensare al modello economico e sociale, per creare un futuro basato su un’economia più sostenibile e produttiva e che permetta veramente di migliorare il benessere della popolazione sotto ogni punto di vista.

La “chiusura del Paese”, infatti, obbliga ogni operatore economico a ripensare al proprio modello spingendo verso un’evoluzione che necessariamente dovrà colmare quel divario digitale esistente oggi tra i professionisti e la PMI italiana rispetto ai concorrenti esteri e, nel caso, ad andare oltre, adottando strumenti di lavoro in remoto e flessibili, laddove possibile, automatizzando ulteriormente i lavori più bassi e decentrando gli stabilimenti produttivi per ridurre gli spostamenti delle merci così da prevenire eventi avversi futuri quale quello che si sta vivendo oggi, nel tempo dell’epidemia legata al coronavirus.

Questo comporterà obbligatoriamente una riqualificazione del lavoro di tutti, spingendo a un livello più elevato di competenze necessarie a gestire strumenti di lavoro agile e in remoto ovvero la manutenzione e l’implementazione delle macchine e dei software necessari al monitoraggio e alla produzione finale.

Non è certo tempo di luddismo poiché la tecnologia permette, oggi, di attuare soluzioni impensabili solo pochi anni fa e prospetticamente in pochi anni esisteranno dei lavori che nel 2020 nemmeno ipotizziamo mentre altri scompariranno sostituiti dalle macchine.

Lo stop forzato che questi tempi impongono ha mostrato quanto possa essere utile l’ausilio tecnologico per non fermare il lavoro nonostante i blocchi di sicurezza negli spostamenti e, contemporaneamente, come una minor circolazione obbligata delle persone comporti un miglioramento repentino della qualità dell’aria e una riduzione dell’inquinamento.

Per queste ragioni da una terribile crisi che si è abbattuta sull’Italia e sul mondo intero potrebbe uscire un nuovo sistema economico di crescita, anticipando e, forse, rendendo già obsoleta l’idea di un Green New Deal che dall’America all’Europa sta cominciando a insinuarsi nelle menti degli schieramenti politici di ogni indirizzo che, invece di regolare e appesantire ulteriormente il quadro normativo per la preservazione dell’ambiente, potrebbero solo dover gestire la fase di transizione che, inevitabilmente, comporterà delle tensioni a livello occupazionale.

In definitiva se “crisi” non vuol dire “opportunità” come indicato in incipit, dalle scelte obbligate che una crisi comporta (come da sua etimologia) possono, invece, sorgere queste nuove opportunità e sta agli esseri umani agguantarle. Questo è un obiettivo che dobbiamo a tutti coloro che abbiano sofferto o siano morti in questi mesi, per dimostrare a noi e ai posteri che il prezzo elevato pagato non sia stato inutile.

Matteo Gianola: