Il 14 ottobre 1962, un aereo da ricognizione Lockheed U-2 della United States Air Force, sorvolando Cuba, fornì le prove del fatto che sull’isola erano stati installati missili sovietici a raggio medio e intermedio a poche centinaia chilometri dalle coste degli Stati Uniti. Da quel momento, ci fu una tensione crescente tra i due blocchi contrapposti. Gli Usa, con l’intento di fermare l’arrivo di armi e testate nucleari a Cuba, misero in campo un blocco navale, che andò avanti fino alla risoluzione della crisi avvenuta il 28 ottobre.
Il punto centrale della vicenda era quello di trovare un accordo tra le parti in campo che portò allo smantellamento dei missili statunitensi Jupiter in Italia e in Turchia e al ritiro dei missili sovietici da Cuba, con la garanzia di una non invasione dell’isola, com’era invece avvenuto precedentemente con la “Baia dei Porci”.
All’epoca, avevo dieci anni e vivevo ad Altamura, in provincia di Bari e, guardando la Murgia, si potevano vedere i missili li piazzati che erano anch’essi parte della crisi in corso. In quei momenti, mio padre agricoltore, mi manifestò la sua preoccupazione per la gravità della situazione internazionale. Quel momento è rimasto impresso nella mia mente e non avrei mai immaginato che, nelle fasi successive della mia vita, mi sarei impegnato sul fronte della conversione delle armi nucleari.
L’opinione pubblica mondiale fu scossa nel profondo dalla “Crisi dei Missili”, che fu scongiurata anche grazie al determinante intervento di Papa Giovanni XXIII che, rivolgendosi a coloro che avevano responsabilità di potere, li esortò ad “ascoltare il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: Pace! Pace!”. Oggi però, l’opinione pubblica, avverte la crescente tensione internazionale in modo diverso e sembra essersi abituata alle minacce nucleari, rispetto alla serietà con la quale, invece, venivano prese allora. Tutti, a quel tempo, si diedero da fare per eliminarla attraverso una mobilitazione diplomatica per la pace che oggi, purtroppo, non è così presente.
Il ruolo dell’opinione pubblica per perseguire la pace, in questo frangente che Papa Francesco ha definito di “Terza guerra mondiale a pezzi”, deve essere quello di svegliarsi dal torpore e perseguire la fraternità a tutto campo. La comunicazione, in questo momento, ha un grande ruolo e, i cristiani, devono impegnarsi per promuovere una cultura della pace. A questo proposito, il prossimo 26 ottobre, Civiltà dell’Amore ha promosso un convegno nell’area dei Castelli Romani, presso il Palazzo “Doria Panfili” di Valmontone, per far sì che la pace trionfi e l’Europa non torni ad essere un terreno di confronto tra potenze nucleari.