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Cresce l’uso di droga tra i giovani: perché?

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In soli due anni è raddoppiato il consumo di droghe tra gli adulti e addirittura quadruplicato tra i minorenni italiani.  È la situazione catastrofica descritta dal “Nono libro bianco sulle droghe”, presentato in occasione della giornata internazionale per la lotta al Narcotraffico e promosso da diverse sigle dell’associazionismo e del sindacato.

L’Italia si posiziona così al secondo posto nella triste classifica dei Paesi europei che consumano in assoluto più stupefacenti. È di solo pochi giorni fa la notizia che le acque italiane presentano elevate concentrazioni di residui di cocaina che starebbero decimando le popolazioni di anguille. Il problema diventa preoccupante se la stessa indifferenza dimostrata dall’opinione pubblica per le bisce d’acqua dolce riguarda anche milioni di ragazzini e ragazzine abbandonati a se stessi da adulti sempre più autoreferenziali.

Se volessimo trovare un lato comico di questa piaga, potremmo aprire questo intervento – tra il serio e il faceto – strillando che i giovani italiani sono sempre più strafatti per evadere la realtà dei tempi moderni: “So’ ragazzi !”. Con piacere accogliamo invece un ruolo più gravoso e responsabile che pochi ormai hanno il coraggio di assumere, per timore di andare controcorrente o di essere bollati come il vecchio arrugginito destinato alla rottamazione dal pensiero dominante che permea le coscienze e ingoia come un blob magmatico ogni forma di resistenza culturale.

Il consumo di droga, con tutte le sue conseguenze nefaste sulla salute, sembra essere ormai derubricato a fatto di costume ovvero a materia accademica per sociologi che si occupano di fenomeni collettivi spontanei ed indipendenti dall’azione politica dell’uomo storico. Un film già visto ai tempi remoti del proibizionismo, dove le vulgate libertarie aprirono il mercato alla produzione industriale ed alla vendita legale dei superalcolici. Anche in questo caso l’Italia vanta un poco invidiabile primato: oltre ai 40.000 mila morti l’anno per cause direttamente correlate al consumo di alcolici, i giovanissimi italiani sono i primi in Europa a bere il primo calice tra gli 11 e i 12 anni, contro la media dei coetanei continentali di 14 anni e mezzo (dati Istat 2017).

Non c’è che dire, possiamo ritenerci orgogliosi dei nostri giovani. Soprattutto di noi stessi però. Noi adulti che avremmo il dovere di garantire un ambiente ricco di stimoli positivi e invece siamo stati capaci, in pochi decenni di svilimento civile e culturale, di declinare favorevolmente solo slogan e pratiche di edonismo paradossale.

Fabrizio Torella: