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Covid, ecco perché le sottovarianti del virus restano un enigma

Il ruolo delle nuove sotto varianti di Omicron, la cui comparsa è stata segnalata in alcuni paesi, resta ancora misterioso e necessita di studi più approfonditi. Una ricerca comparsa sulle piattaforme, non ancora pubblicata (Kurhade C e altri), ha analizzato la capacità neutralizzante del siero di soggetti vaccinati con il vaccino bivalente per Omicron 5 nei confronti di queste nuove sotto varianti. È risultato che, mentre il vaccino bivalente induce la comparsa di una buona capacità di neutralizzazione nei confronti di BA.5, questa capacità si riduce nei confronti di BA.2.75.2, BQ.1.1, XBB.1.

Uno studio (Sharma S. e altri) condotto nel criceto, ha indicato come un vaccino che utilizza come vettore del virus ancestrale un componente della febbre gialla, induce una risposta immunitaria efficace di tipo neutralizzante contro le varianti Beta, Delta e Omicron, il che potrebbe aprire scenari nuovi per l’allestimento di vaccini aggiornati più efficaci. Un aspetto importante riguarda la capacità di trasmissione di SARS-CoV-2 dopo la somministrazione di multiple dosi di vaccino ed una pregressa infezione. A questo proposito, è stata condotta una ricerca (Woodbridge Y. e altri) in più di 460.000 persone nelle quali si è documentato come la vaccinazione recente riduca la quantità di virus, in questo specifico caso la variante Omicron, anche se questo effetto si riduce rapidamente. Per questo motivo, si può concludere che i vaccini contrastano efficacemente l’insorgenza di malattia e la mortalità, ma hanno solo un modesto impatto nel limitare la trasmissione del virus.

È stata condotta una ricerca in Africa (Shabir A Madhi e altri) sulla risposta anticorpale a seguito della somministrazione ad un gruppo di soggetti, in larga misura già infettati da SARS-CoV-2, di una singola dose di vaccino AstraZeneca. È emerso che una singola dose di vaccino in una popolazione africana nella quale la copertura vaccinale è bassa e la positività per anticorpi anti SARS-CoV-2 è del 90%, può aumentare in modo significativo l’entità e la qualità delle risposte anticorpali specifiche. Uno studio condotto in Scozia nel periodo di prevalenza della variante BA.2 (Kerr S. e altri) ha indicato che a questa si associa un rischio comparabile di esiti gravi di COVID-19 pari a quelli di BA.1 e che tre dosi di vaccino forniscono una ragionevole protezione nei confronti dell’infezione sintomatica, dell’ospedalizzazione e della morte. Uno studio condotto nella popolazione carceraria e nelle guardie di istituti di pena della California (Chin E.T. e altri) ha indicato che, in questa particolare popolazione ad alto rischio di infezione da SARS-CoV-2, la vaccinazione con vaccino a mRNA ed una pregressa infezione, forniscono una buona protezione nei confronti di Omicron, anche se questa è minore per chi era stato infettato nel periodo di circolazione della variante Delta. Inoltre, viene ribadita e confermata la migliore protezione fornita da tre dosi del vaccino rispetto alle due dosi. Uno studio condotto in Quatar (Chemaitelly H e altri) in bambini (5-11 anni) ed adolescenti (12-18 anni) effettuato in due distinti periodi di tempo: prevalenza della variante Omicron e pre-Omicron, ha indicato che la vaccinazione dei bambini si associa ad una protezione modesta ed a un rapido declino di questa nei confronti di Omicron. Al contrario, la vaccinazione degli adolescenti è associata ad una maggiore e più duratura protezione e ciò potrebbe dipendere dal dosaggio più alto del vaccino somministrato a questa popolazione.

È noto da tempo che i soggetti immunodepressi sono a maggior rischio di infezione da SARS-CoV-2, anche perché la risposta alla vaccinazione può risultare non elevata. Uno studio condotto in quattro centri medici universitari dei Paesi Bassi (Marcia ML Kho e altri) ha studiato la popolazione dei trapiantati di rene e la loro risposta alla vaccinazione anti COVID-19. Dai risultati ottenuti è emerso che solo la vaccinazione ripetuta aumenta gli anticorpi specifici, senza che ci sia alcun ulteriore giovamento dall’impiego di una dose più elevata, dalla somministrazione di un vaccino eterologo, dall’interruzione di due settimane dei farmaci anti rigetto. Questo risultato sottolinea l’importanza di sottoporre questi soggetti immunodepressi ad una somministrazione periodica del vaccino.

Prof. Roberto Cauda: