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Covid, il ruolo della scuola e della Chiesa

Tra i protagonisti di questa pandemia c’è anche la scuola che, nella prima fase della pandemia, per comprensibili ragioni di sicurezza, ha preferito non svolgere le lezioni in presenza, ma attraverso piattaforme informatiche. Non entro nel merito del valore didattico di questi nuovi e per certi versi innovativi strumenti di didattica, voglio solo sottolineare come questa rivoluzione tecnologica abbia raggiunto uno scopo imprevisto, pur non nascondendoci l’esistenza di difficoltà e disagi: quello di garantire una diffusione corretta delle informazioni tra gli studenti, soprattutto sugli atteggiamenti corretti per prevenire il contagio, arginando in parte i danni derivanti dalle fake news.

Ogni pandemia si caratterizza per qualche aspetto peculiare dal punto di vista medico: la spagnola era particolarmente letale nei giovani, Covid-19 si è dimostrata molto più grave nei soggetti anziani (specie se istituzionalizzati) tanto da far dire ad alcuni, forse con troppa enfasi, come in questi mesi sia scomparsa in Europa e negli Usa un’intera generazione di anziani, e con loro un grande patrimonio di esperienza. Al di fuori di ogni retorica, tuttavia, ritengo che quanto successo debba indurre, inoltre, una riflessione seria sul rapporto tra ospedale e medicina del territorio.
Un aspetto particolarmente rilevante che non ha trovato riscontri nelle altre grandi epidemie del passato – fatta salva, forse, la proibizione delle processioni nel periodo della peste – è stata la temporanea sospensione delle funzioni di culto religioso. Non è tuttavia mancata nei drammatici giorni della pandemia la presenza della Chiesa. Non possiamo dimenticare la benedizione Urbi et orbi che papa Francesco ha dato una sera, sotto la pioggia, in una piazza San Pietro completamente deserta, così come le ripetute dimostrazioni di vicinanza del Papa alle popolazioni colpite da Covid-19.
La prova che alcuni hanno dovuto affrontare nel corso di questa pandemia è stata molto dura: pensiamo all’immagine che ha colpito di più in questo difficile periodo, quella dei camion militari che trasportavano le salme da Bergamo e da Brescia perché fossero cremate, non essendo più possibile farlo in quelle città in considerazione del grande numero.
In questo la pandemia Covid-19 del terzo millennio non si è dimostrata diversa dalle epidemie di peste medievali e seicentesche, quando al culmine della diffusione si procedeva alla cremazione dei cadaveri per i rischi del contagio senza provvedere alla loro sepoltura.

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