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La Costituzione non è impassibile di fronte alla disumanità

Dopo gli orrori compiuti da Hamas, il 7 ottobre del 2023, in cui 1200 israeliani sono stati massacrati in quello che è stato definito l’attacco terroristico più sanguinoso contro lo Stato ebraico dalla sua creazione, il Giorno della Memoria ritorna di drammatica attualità. Le centinaia di donne brutalmente violentate e poi uccise riportano alla mente scene di crudeltà inaudita che avevamo ritenuto, illusoriamente, per sempre archiviate. I video realizzati dagli stessi criminali e diffusi via internet hanno fatto conoscere immediatamente al mondo intero le brutali torture cui sono stati sottoposti gli ebrei che si trovavano nei Kibbutz o che partecipavano al Rave. Le donne tenute come ostaggio a Gaza stanno ancora subendo queste indicibili violenze.

Il presupposto della azione politica di Hamas, fissato nel suo Statuto, non è la costruzione di due popoli e due Stati, che vivono in pace, ma l’annientamento dello Stato di Israele e la negazione del diritto di esistere dei suoi cittadini. Si assiste alla riedizione dei pogrom, violente manifestazioni pubbliche scatenate contro gli ebrei. Anche in Occidente sembra soffiare il vento gelido dell’ideologia razzista, basti osservare le manifestazioni nelle principali capitali, da Londra a Parigi, passando da Roma e Berlino che denotano una totale mancanza di empatia nei confronti delle vittime israeliane. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Europa si è dovuta confrontare con l’orrore della Shoah, con le campagne d’odio nei confronti degli ebrei che avevano prodotto l’aberrazione dell’Olocausto. Il Giorno della Memoria è stato vissuto da intere generazioni di europei come il ricordo di un evento traumatico e vergognoso ma nello stesso tempo unico e irripetibile. Invece ci ritroviamo a fare nuovamente i conti con l’antisemitismo, che non è finito con il crollo dei regimi nazifascisti. La banalità del male, per riprendere il titolo del diario di Hannah Arendt, si impone nella sua tragicità sulla scena internazionale. In questa complessa fase che stiamo vivendo si comprende la scelta lungimirante adottata dall’Assemblea costituente di inserire nella Costituzione il termine “razza”, superando l’incertezza definitoria che connota l’espressione, come clausola antidiscriminatoria che trovò la principale ragione nel fatto che proprio questa parola doveva essere usata per ribadire, appunto, e la volontà di ripudiare la politica razziale instaurata dal regime fascista. Legislazione antiebraica che prevedeva, fra l’altro, l’espulsione e il divieto di ammissione alle scuole di qualsiasi ordine e grado degli alunni appartenenti alla razza ebraica, nonché la sospensione dal servizio per gli insegnanti.

La tutela costituzionale contro la discriminazione si regge sulla previsione dell’eguaglianza, che include espressamente la razza tra i fattori che non possono rappresentare motivo di ingiuste distinzioni. La Costituzione italiana non si limita a riconoscere l’antecedenza della persona rispetto allo Stato, nel senso che non è la persona in funzione dello Stato, ma quest’ultimo in funzione del singolo, ma richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà. In particolare, costruendo il concetto di persona intorno alla sua dimensione relazionale che si prefigge di orientare i meccanismi di integrazione sociale. Del resto, la dimensione dei doveri solidaristici si lega al principio di eguaglianza e alla liberazione da fattori di oppressione e di predominio. Principio di eguaglianza strettamente correlato al principio della “pari dignità sociale” che si declina in puntuali divieti di discriminazione (per la razza, il sesso, la religione ecc.), imponendo alla legge di non prevedere un trattamento diverso davanti a situazioni uguali. La Costituzione non resta in silenzio, non soffre di amnesie, non rimane impassibile di fronte alla disumanità ma ci aiuta a tenere vivo il ricordo delle ferite razziali, “perché – come scrisse Primo Levi – ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.

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