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Cosa significa essere consacrato

La giornata della vita consacrata ci ricorda che apparteniamo tutti a Dio. Cosa significa essere consacrato? Dal latino consacrare, composto di cum, “con”, e sacer, “sacro”, cioè rendere sacro. E’ una grande gioia appartenere a Dio, perché questo avvenimento non è temporale, ma eterno. Le parole del profeta Geremia, riempiono il cuore di luce e scolpiscono la vita di amore divino: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1,5). Siamo protetti e avvolti dall’alto, non nasciamo sotto un segno zodiacale, ma per dono della mano di Dio che ci ha tessuto con amore nel cuore di nostra madre e nostro padre.

Credo che ci dobbiamo ricordare spesso la nostra prima consacrazione battesimale, siamo stati immersi nella luce della SS. Trinità, in un bagno indelebile dell’amore di Dio. Oggi alcuni si sbattezzano, altri dissacrano il nome di Gesù, di Maria e dei santi. Ci siamo dimenticati delle nostre radici cristiane e la libertà della Costituzione di esprimere la fede, ma anche di rispettarla. Con Dio e con le cose di Dio non si scherza, come dice il proverbio: “Scherza con i fanti, ma non scherzare con i santi”.

Papa Francesco ricorda ai consacrati: “La vita consacrata è questa visione. È vedere quel che conta nella vita. È accogliere il dono del Signore a braccia aperte, come fece Simeone. Ecco che cosa vedono gli occhi dei consacrati: la grazia di Dio riversata nelle loro mani. Il consacrato è colui che ogni giorno si guarda e dice: “Tutto è dono, tutto è grazia”. Cari fratelli e sorelle, non ci siamo meritati la vita religiosa, è un dono di amore che abbiamo ricevuto”, ma anche con animo paterno il papa dice: “Ma la vita consacrata, quando non ruota più attorno alla grazia di Dio, si ripiega sull’io. Perde slancio, si adagia, ristagna. E sappiamo che cosa succede: si reclamano i propri spazi e i propri diritti, ci si lascia trascinare da pettegolezzi e malignità, ci si sdegna per ogni piccola cosa che non va e si intonano le litanie del lamento – le lamentele, “padre lamentele”, “suor lamentele” -: sui fratelli, sulle sorelle, sulla comunità, sulla Chiesa, sulla società. Non si vede più il Signore in ogni cosa, ma solo il mondo con le sue dinamiche, e il cuore si rattrappisce”.

Concludo una mia piccola testimonianza personale mariana. Non dovevo nascere in questo mondo per un parto travagliato, ma la mia mamma, donna di grande fede, mi ha consacrato subito alla Madonna e sono venuto alla luce dopo aver fatto un tuffo nelle tenebre. Sono nato sotto lo sguardo e il manto di Maria, vera ostetrica della mia vita, e tessitrice dei fili d’amore degli incontri che faccio. La più piccola cosa che posso fare sulla terra è dedicare ogni mio attimo, mia preghiera, mia gioia, mia sofferenza, fino all’ultimo respiro alla Madre di Dio.

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