Dove sarà papa Francesco nel momento in cui dirà che “solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina”? Penso che sarà davanti a sé, alla Chiesa e a tutta l’umanità, in particolare davanti a Kiev e Mosca. Perché Francesco, il Papa della fratellanza, sa che questa è una guerra così fratricida da sfidare tutta la fraternità. L’invasore definisce l’invaso parte di sé, della sua identità, la fede dell’invasore è la stessa dell’invaso, entrambi appartengono non solo alla stessa religione, ma in gran parte allo stesso rito. La tragedia è dunque anche una tragedia cristiana, se non soprattutto cristiana. Dunque l’affidamento riguarda ciascun credente, e quindi la Chiesa. Quale Chiesa? C’è un’idea, una visione cristiana davanti alla prima guerra dentro la stessa confessione interna a una fede? E se non c’è, ci sarà davanti alle altre tragedie, alle altre ferite del mondo? Ecco allora che il significato della sua decisione si ricollega alle origini di questo atto, così legato alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale. E ora questa che lui ha definito la Terza Guerra Mondiale combattuta a pezzi. Oggi “in modo speciale” in Ucraina.
Il primo affidamento a Maria, quello di ciascuno di noi e della Chiesa, lo porterà dunque davanti a ciascuno di noi e a ogni Chiesa. Le Chiese dilaniate, ruggenti, aggressive, sono per me chiamate a riscoprirsi non tribali, ma fraterne, non proiezioni dei poteri costituiti. Non si rivolgerà chiaramente anche alle Chiese chiedendo a Maria di “ispirare progetti e vie di riconciliazione”? E come potrà essere possibile se non riportando “la concordia di Dio nel mondo”?
Questa concordia parte dall’unità dei cristiani: la loro divisione non è seme di questa divisione più grave che ha condotto alla guerra? E’ di qui allora che si può, si deve ripartire: ridestato nei cristiani e in ogni Chiesa “il bisogno di pregare e di amare” è evidente che il cristianesimo vivo e unito saprebbe seguire Maria alla quale il papa chiede, “mostra ai popoli la via della fraternità”. Questa fraternità rinnega e rifiuta il fratricidio e così facendo rinnega e rifiuta il sogno/incubo di uniformità. Non è partita da qui la tragedia che sconvolge l’Europa? Uniformare l’Ucraina complessa – paese cerniera – contro la Russia, o uniformarla negandone l’esistenza dentro la Russia, questa “madre Russia” che ama così tanto da soffocare ciò a cui non può rinunciare? Anche questo, per quanto quasi impossibile, dobbiamo non capire ma comprendere: non diciamo forse “ti amo da morire?” Non diciamo “ti mangerei di baci?”
Affidare al Cuore immacolato di Maria la Russia e l’Ucraina non è più affidare a Maria due paesi dominati dal comunismo, o dall’ateismo di Stato. No. Oggi sono due Paesi cristiani. Dunque nulla va lasciato intentato sulla via dell’ecumenismo, perché solo l’affidamento a Maria di tutta la loro identità può riuscire a riportare la pace, alla pace. E quindi diventa essenziale un’altra frase dell’atto di consacrazione: “Attraverso di te si riversi sulla Terra la divina Misericordia”. La divina Misericordia davanti alla devastazione, ai ponti distrutti (i ponti, il segno più caro a Francesco), gli asili bombardati, i propri cari presi in ostaggio, milioni di fratelli in fuga, giovani spaventati mandati al fronte, donne abusate, madri straziate, mariti attoniti… Cos’altro può salvare l’idea di un futuro di pace? Ma non è tutto: “Riporta tra noi l’armonia di Dio”, e ancora: “Fa di noi degli artigiani di comunione”.
Questa comunione da ricostruire artigianalmente è la prospettiva che mi ha interrogato più a lungo. Questa comunione è tante comunioni: fino alla comunione di destino. Una comunione di destino della cui esistenza abbiamo perso consapevolezza: questa dobbiamo ritrovare. La Chiesa, le Chiese, i credenti, i credenti e i non credenti, i loro ecosistemi, le loro città, hanno una comunione di destino nell’incontro plurale delle loro diversità. Ecco allora che l’atto di affidamento a Maria diventa la riscoperta di questa comunione, questa comunione di destino dell’umanità. In questa consapevolezza di comunione non si cancellano le differenze, ma per me nel testo del papa emerge la consapevolezza della priorità della comunione cristiana, in assenza della quale sarà difficile promuovere la riscoperta della più ampia comunione dell’umanità.
Questo affidamento al Cuore immacolato di Maria non è contro qualcuno, come può essere stato in parte in passato: qui si affida il mondo sull’orlo del baratro a chi ci può salvare portandoci a scoprire guardando dentro di noi che solo uno sguardo cosmico ci spiega la fratellanza, senza la quale si torna a Martin Luther King: “O impariamo a vivere insieme come fratelli e sorelle o periremo tutti come dei folli”.