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Cosa si nasconde dietro la campagna pro cannabis

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La campagna globale per la liberalizzazione del consumo e della produzione di cannabis rappresenta l’ennesimo attacco all’integrità dell’uomo, ai valori immanenti che ne fondano ragione e coscienza, elementi costitutivi della sua natura unica e incomparabile.

Tale battaglia culturale dalla portata planetaria non è altro se non l'ulteriore fase di trasformazione antropologica coatta – una tragedia l’avrebbe definita Pasolini – che mira a costruire un ponte tra l’homo faber e l'homo ludens, un Oltreuomo che rifugge illusoriamente il dolore e la responsabilità individuale. 

Due recenti pubblicazioni d’oltreoceano, un libro del giornalista d’inchiesta Alex Berenson e un esaustivo report dell’American National Academy of Medicine, aggiungono elementi comprovanti la nocività del consumo di cannabis, in particolare a livello neurologico, senza contare gli innumerevoli danni collaterali impliciti nella vita di relazione nella quale è incardinato l’uomo, con buona pace di chi ne anela un’atomizzazione solipsistica.

Le argomentazioni dei liberal ortodossi e fondamentalisti risultano superficiali e fondate su di un relativismo epistemologico fine a sé stesso, quando non ancora su di un realismo agghiacciante come nel caso di quelle tesi secondo le quali la liberalizzazione rappresenterebbe la panacea ai traffici illeciti della malavita. Sono, infatti, le stesse tesi che vogliono normalizzare e regolamentare la prostituzione, le stesse che hanno legalizzato il gioco d’azzardo e la vendita incontrollata di armi; uno Stato che non combatte più il male ma che al contrario lo istituzionalizza, ne ridefinisce l’accezione stravolgendone la semantica. Gettando in questo modo le sue componenti singole nell’abisso del non senso, in una costante condizione di dissonanza cognitiva che le rende facili prede e consumatori bulimici di ogni strumentale messaggio suggestivo e rassicurante.

I detrattori della cannabis sono dipinti come oscurantisti e reazionari, etichettati e messi alla gogna, anche in questo caso con uno stravolgimento – sottile e di difficile percezione – di significati storici e culturali. Nessuno nega a priori alcuni effetti benefici che determinati principi attivi contenuti nella marijuana possono provocare. Queste argomentazioni, tuttavia, nulla hanno a che vedere con un uso scriteriato e incontrollato di una sostanza dalle potenti proprietà psicotrope.

La cannabis, come d’altronde la flora nella sua stupefacente varietà e complessità, è una pianta versatile che si presta a mille utilità; è singolare, invece, che la maggior parte dei suoi sostenitori ne rivendichi unicamente il consumo ludico, fino a farne il simulacro di una vera e propria ideologia sovversiva.

 

 

 

Fabrizio Torella: