Nel breve termine è possibile prevedere che l’attuale ondata di Covid (la quarta dall’inizio dell’emergenza e causata prevalentemente da Omicron 2) si stia esaurendo e che, come è avvenuto nell’estate 2020 e 2021, ci sarà nei prossimi mesi una consistente riduzione dei contagi.
Tutti gli occhi sono però puntati sull’autunno, come ha recentemente ben sottolineato l’Agenzia Europea ECDC, quando potrebbero circolare in maniera prevalente le varianti Omicron 4 e 5 che, dai primi dati del Sud Africa, sembrano essere più trasmissibili con un nuovo aumento dei contagi e verso le quali non è ancora chiaro il livello di protezione assicurato dai vaccini. La Cina ha da sempre adottato una strategia zero – COVID per affrontare la comparsa di nuove varianti di SARS-COV-2, specie di quelle che presentano una maggiore trasmissibilità.
Alla luce delle varianti Omicron che, come è noto, presentano un alto livello di trasmissibilità è in atto, nella comunità scientifica, una riflessione ed un dibattito se questo approccio della Cina, che è stato vincente nel 2020 nei confronti del virus ancestrale e delle successive varianti, possa essere ancora attuale o se, al contrario, sia necessario identificare nuove strategie di mitigazione, per ridurre al minimo lo stress sugli ospedali. E’ stato per questo sviluppato un modello matematico di trasmissione di SARS-CoV-2, strutturato per età e calibrato sulla fase di crescita iniziale dell’epidemia di Omicron a Shanghai, per ipotizzare quale potrebbe essere l’impatto, in termine di numero di pazienti che necessitano di ricovero in area medica e in terapia intensiva e di decessi, in ipotetici scenari di mitigazione.
Il modello ha considerato ovviamente anche i dati relativi alla copertura vaccinale, all’efficacia del vaccino, al declino delle immunità, alle diverse terapie antivirali ed agli interventi non farmacologici. Sulla base di questo modello/simulazione risulta che il livello di immunità indotta dalla campagna vaccinale sarebbe oggi insufficiente per prevenire un’ondata di casi da Omicron che, inevitabilmente, porterebbe in Cina alla saturazione delle terapie intensive, la cui capacità attuale è di 15,6 volte inferiore alla potenziale domanda, il che causerebbe circa 1.500.000 decessi. Al contrario, nel caso ci fosse una sufficiente protezione delle persone vulnerabili, l’accessibilità ai vaccini e alle terapie antivirali ed il mantenimento delle misure di prevenzione, questo potrebbe essere sufficiente per impedire lo stress sul sistema sanitario e quindi, secondo questa modellistica, le misure sopra elencate potrebbero svolgere un significativo ruolo nella mitigazione della diffusione del virus.
Occorre prestare attenzione, quindi, alla lettura dei dati della pandemia, perché l’emergenza, al di là delle sbrigative illusioni del “cessato pericolo”, non è affatto terminata. Certo, nell’ultima settimana tutti i parametri epidemiologici si sono significativamente ridotti: numero di contagi, ricoveri in area medica e terapia intensiva, Ma i decessi sono ancora elevati ed il rapporto tamponi positivi/totali oscilla tra 13 e 15%. Questo quadro in sostanziale miglioramento potrebbe dunque non rispecchiare appieno la realtà, dal momento che il numero di tamponi eseguiti è in riduzione e che la maggior parte di essi è di tipo antigenico. Un altro paramento da considerare è la percentuale crescente (oggi circa al 5%) delle reinfezioni che potrebbe in futuro creare problemi. Certamente in questa fase bisogna attentamente monitorare la situazione pandemica, alla luce anche dell’allentamento delle misure di prevenzione, come la sostanziale abolizione del green pass e la forte riduzione all’impiego delle mascherine e per questo bisogna il più possibile favorire la somministrazione della 3° dose ed in chi è eleggibile della 4°.