La strategia della politica estera italiana riparte da Washington e dalla cordialità con la quale il Presidente del Consiglio Conte e il Presidente Usa, Donald Trump, si sono incontrati oggi alla Casa Bianca. Un invito, quello per il premier, arrivato a pochi mesi dall’investitura, dopo il primo incontro avuto con il Tycoon in occasione dello scorso G7 avvenuto in Canada. Già in quell’occasione, infatti, il buon “feeling” tra i due leader era stato perfettamente percepibile, con un Conte particolarmente in sintonia con il Presidente americano, nonostante l’atmosfera poco conciliante creata dal divario di strategie, obiettivi e opinioni sempre più palesatosi tra Washington e il resto degli alleati europei. Proprio lo scetticismo nutrito dal governo M5S-Lega nei confronti di Bruxelles – sentimento, a onor del vero, del tutto ricambiato – sembra aver influenzato le scelte in politica estera del nuovo esecutivo italiano, già in sintonia con l’establishment trumpiano nel periodo antecedente alle elezioni politiche (da ricordare il tour di Luigi Di Maio dello scorso anno negli States). Molti analisti, infatti, hanno sottolineato il cambio di paradigma del governo giallo-verde, orientato alla ricerca di un rapporto fiduciario più stretto e diretto con Washington, in mancanza di un’intesa duratura con Bruxelles proprio in questo periodo di frizione con le istituzioni europee.
Le tematiche sul tavolo dell’incontro bilaterale hanno riguardato principalmente l’immigrazione, la Russia e le tematiche energetiche. Accolto nello Studio Ovale dal capo di gabinetto John Kelly, dal Segretario per la Sicurezza nazionale John Bolton e dalla portavoce Sarah Sanders, il Premier Conte ha salutato Trump con una salda stretta di mano, per poi lasciarsi fotografare sorridente assieme al Presidente Usa nel momento della firma del Libro degli Ospiti nella Roosevelt Room. Secondo indiscrezioni, durante il colloquio privato Trump avrebbe elogiato le recenti politiche italiane in materia migratoria, nonché trattato il tema del deficit commerciale esistente tra Italia e Stati Uniti. L’Italia arriva a Washington per tentare di rilanciarsi in qualità di forza stabilizzatrice nel Mediterraneo, sulla scia del discreto successo riscosso dalle nuove politiche decise dal Ministero degli Interni, riguardo alle quali l’amministrazione Trump si è dimostrata senz’altro sensibile. E' stata fatta più volte menzione, infatti, alla “border security” e alla necessità di contrastare in tutti i modi l’immigrazione clandestina.
Il Premier Conte, nella conferenza stampa successiva al rendez-vous privato, non ha risparmiato una stoccata neanche troppo velata al discutibile sistema messo in piedi dalle varie ong operanti nel Mediterraneo, rammentando il lavoro svolto dal governo italiano contro le “bande criminali” costantemente al lavoro per alimentare la tratta di esseri umani. La volontà italiana di recuperare terreno nei confronti della Francia, in particolar modo per quanto concerne la stabilizzazione della Libia, è stata confermata da Conte: il Premier ha annunciato che gli Usa hanno riconosciuto all’Italia il ruolo di leadership nell’area mediterranea, aprendo all’istituzione di una comune cabina di regia Italia-USA al fine di normalizzare la situazione politica libica. Stando alle parole di Conte, Italia ed USA organizzeranno congiuntamente una “grande conferenza” per discutere di aspetti economici e sociali al fine di consentire alla Libia di pervenire in una condizione di stabilità a nuove elezioni democratiche. Trump ha insistito sull’aspetto economico e commerciale dei rapporti italo-americani, aprendo a un’ipotesi di ampliamento del volume d’affari complessivo Roma-Washington. Di particolare importanza, per entrambi i leader, la necessità assoluta di diversificare le fonti di materie prime per l’Italia e per l’Europa, come previsto già da qualche giorno da numerosi analisti. Il Presidente USA ha fatto chiara menzione alle forniture russe di gas, ricordando la necessità di svincolarsi dall’influenza energetica di Mosca, un riferimento neanche troppo velato al progetto Tap che dovrebbe portare il gas azero direttamente sulle coste pugliesi. Conte, poi, ha definito più diplomaticamente il gasdotto trans-adriatico un “contributo al rinnovamento energetico”.
La Russia ha occupato, come prevedibile, uno spazio notevole in sede di conferenza stampa, con Vladimir Putin a interpretare per l’ennesima volta il ruolo di “convitato di pietra”. Imbeccato sul regime di sanzioni economiche, Conte si è detto perfettamente conscio della correlazione esistente tra quest’ultime e il rispetto degli accordi di Minsk. Tuttavia, ha ribadito il Premier, l’Italia vuole sincerarsi che il regime sanzionatorio non leda proprio la collaborazione tra le PMI italiane e quelle russe, nel rispetto dell’interesse nazionale di Roma. L’Italia, dunque, almeno nella Stanza Ovale, sembra aver ammorbidito di molto, come prevedibile, la sua posizione nei confronti dell’argomento: Trump ha ribadito in tono secco che il prolungamento delle sanzioni economiche non è in discussione. Una risposta, quella di Conte, che difficilmente convincerà i fautori di un cambio di prospettiva nei rapporti con Mosca. Solo i prossimi mesi ci diranno con franchezza se le relazioni bilaterali Italia-Usa saranno entrate in una fase più avanzata. La loro storia, del resto, non manca di alti e bassi: Henry Kissinger, in tempi non sospetti, ammise di non riuscire a “comprendere” i politici italiani, mentre Nixon, in privato, addirittura si fece sfuggire parole poco lusinghiere nei confronti del nostro popolo. Giuseppe Conte, a differenza dei suoi predecessori, sembrerebbe aver fatto breccia nell’animo del Presidente americano ma bisogna capire a che prezzo: il prossimo 24 ottobre, infatti, sarà al Cremlino ospite di Vladimir Putin e della sua voglia di incrementare il legame italo-russo anche dal punto di vista energetico ed economico. Queste prime due visite ufficiali del Premier misureranno le reali ambizioni del Belpaese nel farsi portatore di una politica per davvero mediatrice.