Dobbiamo uscire dal taylorismo e fordismo (correnti di pensiero che vedono l’uomo solo come ingranaggio di un processo lavorativo spersonalizzato), che annichiliscono il concetto di lavoro, e creare sostegni fortissimi alle persone che devono svolgere un’opera fondando ogni questione di rigenerazione delle nostre comunità proprio sul lavoro. La dottrina sociale della Chiesa ha molto investito su questo, dalla Rerum Novarum fino alle ultime encicliche di papa Giovanni Paolo II e quella bellissima di Benedetto XVI che parla del lavoro umano; bisogna ripartire da lì, e utilizzare questa forza culturale e spirituale per riflettere e progettare. E c’è bisogno di una realtà civile che assecondi questa direzione.
Tutti decantano la Germania ma pochi si soffermano su questo dato, culturale ma direi anche spirituale, di aver creato una legislazione che consente al lavoratore insieme all’imprenditore, in comunione e non in contrasto, di costruire prospettive per la propria azienda e per la propria economia nazionale collaborando, come sottolineava già Leone XIII, e poi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Un cittadino responsabile e coinvolto è un cittadino più libero, e la democrazia diventa più importante; quando la comunità prospera si abbassano le tensioni sociali e si costruisce un terreno di pace. Tutto con la partecipazione al lavoro con azioni collettive, guarendo le persone dalla puerile malattia dell’antagonismo, per cui il proprio interesse si tutela sopprimendo quello degli altri.