Per sconfiggere la povertà dobbiamo ripartire dalle piccole cose, da obiettivi realisticamente perseguibili: dare da mangiare a chi ha fame, fornire il necessario sostentamento a chi deve lavorare o studiare, assicurare a tutti l'accesso all'acqua potabile, dare una casa dignitosa a chi ne è privo. Ogni Paese deve fare il possibile per abbattere il muro delle diseguaglianze, che sono la prima forma di ingiustizia.
Non si può vivere in un mondo dove ci sono persone che hanno più lavori mentre il vicino muore di fame. Non è possibile che ci siano persone con due o tre case e altre costrette a vivere in un cartone in strada. Cancellando queste ingiustizie sarà possibile iniziare a lottare per eliminare la miseria dal mondo. Non accadrà dall'oggi al domani, ma se ci crediamo possiamo fare tanto.
Condividere i beni è la prima cosa che devono fare i cristiani. Gesù ha detto che l'elemosina riscatta una moltitudine dei peccati e ci ha lasciato un insegnamento dalla portata rivoluzionaria: mettere la vita in comune con i poveri. La Chiesa, da lui fondata, si trasforma allora in comunità profetica, che diventa sale della terra nella comunione dei beni. Basti pensare che se mettessimo insieme tutte le cose che possediamo ce ne sarebbero per tutti.
I Paesi industrializzati e le multinazionali, a, loro volta, dovrebbero assicurare un lavoro dignitoso e rispettoso per tutti, piuttosto che sfruttare gli abitanti dei Paesi poveri; troppo spesso si punta al mero profitto, a discapito dei meno abbienti. La Chiesa più volte è intervenuta sul tema, basti ricordare l'enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII, ma anche la “Populorum Progressio” di Paolo VI e la “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II. Gesù, d'altro canto, ci chiede di mettere al centro la persona, con la sua famiglia e la sua vita. Ognuno deve avere il necessario, la dignità. Ripartendo dalla visione antropologica di Cristo ci accorgeremo che le risorse, se ben distribuite, ci sono per tutti.